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L’incontro tra oriente e occidente in cucina

istambulIstanbul è un miscela di arti, suoni e profumi, un fascino tutto particolare da scoprire e provare.  Non è facile fare un abbreviato della cucina turca, sicuramente si può dire che l’incontro tra la cucina orientale e quella occidentale ha il suo momento più alto nella gastronomia turca dove la sintesi tra i vari ingredienti e le varie ricette è la meglio riuscita. Un’arte consolidata nel tempo che non teme confronti, e collocandosi tra le migliori cucine del globo, è sicuramente tra le più varie del Mediterraneo. Profumata, ricca di spezie ed estremamente varia, la cucina ottomana intercala carni, riso e tantissime verdure in un mix di sapori originali, l’uso delle spezie, ingrediente principale della cucina orientale, è sempre presente ma non preponderante, dosate con equilibrio danno carattere e originalità ai piatti senza coprirne il sapore. Inoltre l’uso dell’olio d’oliva -assente nella cucina asiatica- rende i piatti più gustosi e leggeri.
kebabPasseggiando tra viuzze e piazze, il profumo dei Kebabbari è preponderante. Senza dubbio il kebab è il piatto turco più diffuso e il più popolare nel mondo. Un mix di carni arrostite con agnello, manzo e pollo -mai di maiale assolutamente vietato in Islam-, fatte prima macerare con odori e spezie (origano, peperoncino, menta coriandolo, cumino ecc…), infilzate su uno spiedo verticale e cotte vicino ad una fonte di calore. Tagliato sottilissimo e con l’aggiunta di verdure e salse è servito all’interno di panini o della yufka, un tipo di pane più simile a una piadina, al ristorante o per strada. Un piatto molto appetitoso e i turchi ne vanno molto orgogliosi, ogni ristorante ha un addetto al kebab, che con dei coltelli lunghi e sottili, che maneggia abilmente come fossero delle spade, affetta la carne con cura affinché sia sempre ben cotta e ma al contempo morbida e succosa.

yougurtInsieme al Kebab, di questo viaggio nella cucina turca, ricorderò lo yogurt. Da solo o in compagnia è l’elemento principe. Dalla colazione del mattino -servito bianco con il loro buonissimo miele- all’antipasto – dove è miscelato con aromi, di menta, finocchio, prezzemolo, o spezie, servito con pane o crostini- per poi trasformarsi poi in ingrediente base nella preparazione di zuppe, secondi di carne e pesce e poi ancora in torte e pasticcini. I turchi ne rivendicano la primogenitura tanto da avergli dato il nome che è rimasto pressoché invariato in tutte le lingue: yoğurt. Per chiudere vi segnalo i dolma (che in turco significa “ripieno”), involtini fatti con foglie di vite sbollentati e ripieni di carne e/o riso o con grano e verdure, in tantissime varianti, sempre speziati, al sugo o in bianco accompagnati, anche loro dall’immancabile yogurt.

Delle pietanze che mi son piaciute di più, provo a darvi qualche ricetta:

Riso pilaf alla turca, gli spiedini: Adana Köfte e la Crema di melanzane alla turca

Dei dolci splendidi alla vista e buonissimi da mangiare vi regalo qualche foto.

tortedolci

Ivana Santomo

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La Casa nel bosco

la casa nel boscoMescolare racconti e ricette è ormai diventato un nuovo genere letterario. Da “Afrodita” di Allende, a “Un filo d’olio” della Agnello Hornby, i confini che separano i generi letterari si sono liberamente amalgamati dando vita a racconti di vita dove i ricordi si legano ai sensi. In questo filone, troviamo “La casa nel bosco”, l’ultimo libro di Gianrico Carofiglio scritto a quattro mani insieme al fratello Francesco. Un viaggio attraverso alcuni flashback della loro infanzia cadenzati dal ricordo degli odori:
«A pensarci, quello era un mondo in cui c’erano più odori. Non so come dirlo.
Odori di ogni genere. Buoni e cattivi.»
«Secondo me la questione è diversa. Eravamo noi a sentire gli odori perché eravamo bambini.
Abbiamo smesso diventando grandi.»
«Abbiamo smesso di sentire gli odori?»
Dall’odore della sansa, all’odore di benzina, dal caffè della moka alla pasta al forno della nonna. Un insieme di sapori e sensazioni, ripercorsi attraverso ricordi a volte netti a volte confusi, in un battibbecchio continuo, dove spesso i due autori si mescolano, si perdono e si ritrovano. Per tutti i fan, giovedì 3 aprile, alle 18.30, Gianrico e Francesco Carofiglio presentano, al Centro Congressi Eataly di Roma, il loro nuovo libro: “La casa nel bosco”, nelle insolite vesti di chef, dove si cimenteranno nella realizzazione di una ricetta di famiglia -tra le tante pubblicate in appendice al libro-, sotto l’attenta supervisione dello chef Fabio Nitti. Buona lettura e buon appetito!
Ivana Santomo

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Le reti di Radi

radi2Sette donne, una barca, reti piene di pesce, squisiti vasetti consegnati in molte città e diverse regioni. È la realtà di Bio&mare (www.bioemare.it), prima e unica cooperativa femminile di pesca in Italia. A fondarla, cinque anni fa, sul molo di Marina di Carrara, Radoslava Petrova, nata nel 1974 a Plodvid in Bulgaria e giunta in Toscana nel 1998. A gesdtirla oggi con lei, altree sei donne di età e nazionalità diverse, con la stessa passione per il mare e la stessa inesauribile energia. “La vita del pescatore è tosta – racconta Radoslava, nota a tutti come Radi – c’è la sveglia a notte fonda, il peso del lavoro, le bizze del mare, la concorrenza e, soprattutto all’inizio, una certa diffidenza da parte dei colleghi uomini”. Al fianco e all’ombra di questi colleghi tutto è cominciato, quando Radi affascinata dal mare e stufa di mantenersi con lavori di fortuna, ha chiesto alla Cooperativa di pesca Maestrale, di poter collaborare con loro. E ha cominciato come segretaria. In poco tempo, grazie alla sua creatività e al suo entusiasmo, è diventata preziosa per gli affari di quei lupi di mare poco avvezzi a lavorere con le donne e ha convinto il suo capo a misurarsi su una strada nuova: produrre vasetti di salsa con gli avanzi e gli scarti del pesce che andavano sprecati. Nella Bulgaria comunista dove è cresciuta, Radi infatti, era abituata a non buttare niente e a trasformare in sughi e conserve tutto il cibo inutilizzato. L’idea si rivela vincente. I barattoli della Maestrale vanno a ruba e poco dopo Radi decide di mettersi in proprio con un progetto che attira altre donne già attive, seppur con ruoli subalterni, nel mondo della pesca. Si procurano una barca e si rimboccano le maniche. “L’assenza di uomini – spiega Radi ridendo – è una casualità…o meglio una scelta loro che non hanno mai chiesto di unirsi a noi, non nostra!” La collaborazione con i vecchi colleghi comunque continua, anzi la maggior parte della materia prima che la Bio&mare trasforma in sughi rigorosamente biologici proviene dalla pesca della Maestrale.  Gli affari per fortuna vanno a gonfie vele, i vasetti vengono venduti soprattutto tramite GAS (gruppi di acquisto solidale) bel oltre i confini della Toscana e Radi e le sue compagne hanno conquistato una certa notorietà a livello mediatico e diversi premi e riconoscimenti per la loro attività imprenditoriale. E la crisi? “Tutti la sentiamo – spiega Radi – ma io sono convinta che la crisi in corso sia prima di tutto spirituale. Spesso la gente non crede abbastanza nei propri sogni e non trova la forza per trasformarli in realtà. La chiave del successo è credere in ciò che si fa e impegnarsi a realizzarlo con passione e coraggio…”
Silvia Gusmano
radi1

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L’Osteria Furlani

furlani corso del popoloLo so è imperdonabile ancora non vi ho mai parlato dell’osteria Furlani. La frequento da anni e non mi ha mai deluso. Ora che arriva la bella stagione, si ha voglia di uscire, passeggiare e viaggiare, e, il piacere della scoperta, se si parla di cibo, è un piacere che raddoppia. Cosa c’è di meglio di una gita ai Castelli? Pic-nic e fraschette sono sempre state per i romani una via di fuga dal caos cittadino, ma oggi delle fraschette che vendevano vino sfuso e accoglievano i gitanti con il pranzo al sacco, neanche l’ombra. In compenso ci sono tantissime trattorie che offrono vino buono e piatti casarecci. Allora ecco l’osteria Fulrlani che nasce a Grottaferrata nel 1959, preceduta nel primo dopoguerra, appunto,  da una rivendita di vino sfuso. Un ambiente familiare e accogliente, e piatti strepitosi. Fettuccine al lardo di Colonnata, tonnarelli alla pecorara, tonnarelli con pachino e bufala, rigatoni all’amatricina, il bollito alla picchiapò con solo muscolo, morbido e gustoso, carciofi alla giudia, croccanti ma dal cuore soffice, solo per citarne alcuni. Prodotti freschi e genuini assemblati con esperienza, gusto e semplicità, che ricordano i sapori della domenica a casa della nonna. Rapporto qualità prezzo molto elevato. Dopo esservi deliziati con il pranzo, visto che cibo è il degno contraltare di monumenti, chiese e opere d’arte, potrete godere di una passeggiata nel borgo di Grottaferrata. Non mancate di visitare la splendida abazia di San Nilo, gioiello dell1004, che racchiude una splendida chiesa barocca, la prima dello scisma fra la  chiesa cattolica e la chiesa ortodossa, che racchiude opere del Domenichino e del Bernini.
Ivana Santomo

Indirizzo: Corso del Popolo, 29 – 00046 Grottaferrata (RM)
Indirizzo sito web:
Indirizzo Mail: simonasimo2001@yahoo.it
Telefono: 06 9459003

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Un’operazione a mattone zero

eataly smeraldoCom’è bella la città, com’è grande la città, com’è viva la città, com’è allegra la città. Piena di strade e di negozi e di vetrine piene di luce con tanta gente che lavora, con tanta gente che produce…
Sulle note della canzone di Giorgio Gaber,Com’è bella la città“, ieri 18 marzo, Oscar Farinetti ha inaugurato il nuovo centro di Eatly a Milano. In piazza XXV Aprile cerano centinaia di milanesi già alle 10 del mattino, Pisapia e Maroni al taglio del nastro. Come aveva fatto a Roma, con il recupero dell’Air Terminal della Stazione Ostiense -affascinante edificio postmoderno costruito dall’architetto spagnolo Julio Lafuente-, anche a Milano il patron del made in Italy ha messo in piedi un’operazione a mattone zero con il restauro del teatro Smeraldo, luogo simbolo degli anni d’oro del Varietà e palcoscenico della Milano artistica doc, come testimoniano le foto sparse nello store di Jannacci, Gaber, Mina, Bramieri, Vanoni…  Una location non casuale, come dice Oscar: “La nostra non è una catena, aborro i luoghi tutti uguali. I nostri store hanno un cognome (identitario) e un nome, che è la loro personalità. Questo è il luogo dove lo spettacolo del cibo può incontrare quello della musica”. Tutte le sere dalle 19 alle 21 dopo esserci goduti i piaceri alimentari di Eataly, ci si potrà deliziare con recital, reading, cabaret, teatro, danza, incontri e spettacoli di arte varia sul palco di Eataly Smeraldo che affaccia sull’interno del negozio in una posizione strategica di particolare visibilità. Spettacoli di grandi artisti alternati da artisti emergenti volti a valorizzare, sempre nello stile di Farinetti, la qualità e le tante eccellenze, anche artistiche, del nostro Paese. Uno spettacolo quotidiano della nostra bellezza da vivere, da tutelare e da esportare. Un viaggio fantastico in un sol luogo tra il ristorante del fritto che non fa male e la pizza cotta a bassa temperatura; tra il lievito madre e il pane bio; tra i salumi e formaggi doc e lo show della mozzarella live; tra i panini espressi fiorentini e una piadina. Attraverso il mondo della birra e del vino e tanto altro ancora per concludere con musica live e un caffè magari con gelato fatto solo con  latte di alpeggio.
Ivana Santomo
…leggi anche Eataly apre a Roma,  Cambio di destinazione d’uso e Oscar a che tempo che fa
smeraldofarinetti

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I tesori romagnoli della trattoria “Camìci”: cappelletti in brodo e “fiamminghe” di tagliatelle

san marinoPer molte famiglie che vivono al confine tra Marche e Romagna, nelle province di Pesaro e Rimini e nella Repubblica di San Marino – famiglie decisamente abituate a mangiar come si deve – il non plus ultra della buona cucina è Ca’micci. Vero nome di questa trattoria, dove per avere un tavolo bisogna prenotare giorni prima, è “I cacciatori”, ma tutti la identificano con la minuscola frazione di Sassofeltrio che la ospita, da pronunciarsi rigorosamente con una “c”: ‘Camìci’. È qui che i buongustai della zona e pochi fortunati turisti onorano le feste comandate, le grandi occasioni di famiglia e una tradizione culinaria che ci ha reso famosi nel mondo. La pasta fatta in casa, infatti, è il fiore all’occhiello del posto. Ancor prima di prendere le ordinazioni, gli avventori vengono deliziati con un piatto di fumanti cappelleti in brodo e poco dopo la scelta – mai lunghe le attese nonostante gli oltre 200 posti a sedere – vengono messi in mezzo alla tavola mitici vassoi (o ‘fiamminghe’ per usare il termine locale) di tagliatelle al ragù o ai funghi porcini, mezze lune ripiene in salsa di tartufo o ravioli alla zucca. Le artefici di tanta grazia sono la signora Norina – che oltre 40 anni fa ha aperto la trattoria con il marito – e altre tre donne. A loro spetta il compito di preparare, stendere e tagliare la pasta tutti i giorni dalle 15 alle 22. Con risultati mai ragiunti altrove. Dei secondi invece, è responsabile il figlio di Norina, Daniele – oggi anima e cuore di Camici – che offre la doppia scelta di carne rossa o bianca. Quest’ultima – allevata dai ristoratori stessi – va oridnata almeno il giorno prima. E ha un sapore sublime che induce a pensare che anche polli e conigli vengano cresciuti a tagliatelle. Non da meno i contorni – soprattutto le verdure grigliate – e i dolci (da non perdere la ciambella alla crema con le amarene). Più che onesti i prezzi e degna la conclusione del pasto, soprattutto ad ora di pranzo: da Camici si gode una splendida vista del monte Titano e delle tre Torri della Repubblica di San Marino, un gioiello tutto da scoprire.

Silvia Gusmano

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Imprenditrici migranti e rivoluzionarie

ElsaLa chef peruviana Elsa Javier e le altre Strane Straniere: imprenditrici migranti e rivoluzionarie

Il suo piatto forte – a base di patate, peperoncino e lime – si chiama “causa”. In onore dei partigiani che agli inizi dell’800 si battevano per la più nobile delle cause, la libertà del proprio Paese. Lei da quel paese, il Perù, è partita quasi quindici anni fa per trasferirsi in Italia dove ha cambiato vita e lavoro. “All’inizio – racconta – morivo di nostalgia, poi ho conosciuto mio marito Luciano e lui è diventato la mia casa”. Elsa Javier Piacentini, originaria di Lima, dall’altra parte dell’Oceano insegnava filosofia. A Roma dopo un primo periodo di difficoltà, ha scoperto un grande talento per la cucina, ha avviato con il marito un ristorante peruviano – il primo ad apparire su una guida enogastronomica italiana – e dopo qualche anno l’ha converetito in catering, assecondando così “una passione che nutrivo fin da piccola”. Suo padre tutte le settimane, infatti, la portava con sé al mercato generale e lei era incantata da quel tripudio di odori e colori che raccontavano altrettanta varietà di piante e paesaggi. “Lo sai – domanda divertita – che in Perù ci sono 4000 tipi di patate? E che quelle gialle hanno il colore vivo del tuorlo dell’uovo? D’altronde non potrebbe essere diversamente in un Paese che passa dal mare al deserto, da vette di settemila metri all’Amazzonia”. Quando parla del Perù Elsa si accende e la passione per la sua tradizione culinaria non è che la punta dell’iceberg. Dietro ogni ricetta raccontata, dietro ogni ingrediente faticosamente procurato qui in Italia – dal mango alla papaya, dalle patate rosse alla quinoa – c’è l’orgoglio per la sua terra lontana “dove non torno mai tanto spesso quanto vorrei”. Cucinare per lei è un modo per diffondere la cultura del suo paese e ha già ottenuto per questo diversi riconoscimenti, sia qui, sia in Perù. La sua ultima esibizione in pubblico risale a domenica scorsa quando Elsa ha preparato “causa” per una degustazione collettiva al Circolo degli Artisti, nell’ambito del secondo laboratorio di Strane Straniere. Realizzato con il contributo della Provincia e ideato dalla scritrice Sarah Zuhra Lukanic e dall’antropologa Maria Antonietta Mariani, questo progetto (www.stranestraniere.com) mira a far conoscere l’esperienza delle imprenditrici straniere attive in Italia, con l’obiettivo di mostrare un aspetto meno noto dell’immigrazione femminile e di infrangere così qualche stereotipo. Il risultato è un mix di storie di coraggio, creatività, passione e intelligenza. Domenica scorsa, come nel corso del primo incontro lo scorso novembre, sono salite sul palco donne di ogni età e provenienza geografica che grazie alle loro attività – tipografie, centri di bellezza, case editrici, gallerie d’arte, autoricambi, sartorie, catering come quello di Elsa etc…– arricchiscono umanamete ed economicamente i territori in cui operano, assumendo spesso anche dipendenti italiani. Una vera boccata d’aria per la nostra società allo stremo, o meglio una rivoluzione che prende le forme più inaspettate, anche quella di una “causa” ben impiattata.

Silvia Gusmano

Il servizio di Catering peruviano La limena – Luelpi è su facebook e potete raggiungere Elsa Javier Piacentini, che a breve inizierà a collaborare con Madama Ricetta – scrivendo a luelpi@alice.it

foto di Francesco Chiorazzi
ElsaJavier

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Una pizza da oscar

lagrandebellezzaSi chiamerà la grande bellezza, la pizza preferita da Toni Servillo. Siamo a Alvignano, in provincia di Caserta, il cuoco d’eccezione è Pasqualino Rossi  che ci svela il segreto della pizza più amata dall’attore casertano. A prima vista sembra una margherita, con pomodoro San Marzano dop, mozzarella di bufala campana dop e olio extra vergine d’oliva. Il segreto? Il cornicione ripieno di morbida ricotta di bufala. “Ordina sempre questa pizza” confida Pasqualino Rossi, che ora aspetta Servillo in pizzeria per festeggiare insieme l’Oscar a “La grande bellezza”, il film diretto da Paolo Sorrentino vincitore a Hollywood, come miglior film straniero, riportando l’Oscar, in Italia dopo quindici anni. Con tutti gli omaggi e ringraziamenti a Sorrentino, abile regista, dobbiamo dire che molto del merito va a Tony Servillo che in questo film supera se stesso, mettendo in ombra tutto il resto del cast, seppur prestigioso. Servillo nel ruolo di Jep Gambardella, famoso giornalista, vive passando da una festa all’altra, vedendo scorrere davanti a sé individui senza identità, intrappolati nel loro narcisismo e ridicolizzati dal confronto impietoso con ‘la grande bellezza’ della città di Roma. Un ritratto amaro della città eterna, indolente e spaesata come lo era ai tempi de La dolce vita, “una città tutta sbagliata, biglietto da visita di un Paese tutto sbagliato” come ha detto Carlo Verdone, co-protagonista nel film. Una pellicola che onora la bellezza artistica di Roma e disonora la città odierna, rappresentata in tutta la sua superficialità: esausta e decadente. Un’opera amara ma al contempo, come dice il titolo, di grande bellezza!
Ivana Santomo

leggi la ricetta della Pizza “la grande bellezza”
pizza Servillo

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Dall’India al Perù: storie di imprenditrici migranti a Roma. Secondo incontro di Strane Straniere

invito lab2Secondo appuntamento per Strane Straniere, il progetto realizzato con il contributo della Provincia di Roma, che dà voce alle imprenditrici immigrate attive nella capitale. Domenica due marzo, alle 19, al Circolo degli Artisti, altre cinque protagoniste di questa realtà poco nota all’opinione pubblica incontreranno i cittadini per uno scambio di storie ed esperienze che infranga qualche stereotipo e arricchisca l’immaginario sulla donna migrante. Modera l’incontro Luca Telese.  Eterogeneo –  per aree geografiche di provenienza e attività intraprese – il gruppo di Strane Straniere che salirà sul palco. La più giovane è l’iraniana Neda Mokhtari, 30 anni, titolare con una socia italiana, di Concept Image (a Testaccio), centro di bellezza, importato da Manhattan, che cura l’immagine a 360 gradi, dall’hammam alla boutique di abiti. Dedita alla sartoria anche Margarita Perea Sanchez – colombiana –  che da otto anni ha aperto la sua “Clinica dei vestiti” nel quartiere di San Giovanni. Dalla Nigeria viene invece Gloria Roberts, 35 anni, proprietaria di una tipografia tra la Casilina e Tor Bella Monaca. Per gli amanti della buona cucina sarà presente la chef Elsa Javier, che gestisce con il marito italiano un catering peruviano in omaggio al proprio paese d’origine. Infine, la dottoressa Ayurveda Daisy Chacko, che ha ricreato un angolo d’India in Prati a due passi dal centro storico. Nel suo studio oltre a massaggi e sedute di meditazione, corsi di medicina ayurveda per studenti da tutta Italia. Durante la serata, i partecipanti, che avranno la possibilità di consumare l’aperitivo, ascolteranno la musicista bengalese Sushimita Sultana e vedranno in mostra le opere di diverse artiste internazionali. Presenti le autorità diplomatiche di alcuni dei Paesi d’origine delle protagoniste dell’evento. Tredici imprenditrici su cento nella capitale sono straniere (quasi 100 mila il totale nazionale) e questo secondo appuntamento di Strane Straniere rientra in un progetto più ampio, reso possibile dal sostegno del “Dipartimento IX Sviluppo Sociale e Politiche per l’Integrazione” della Provincia di Roma. Oltre a un terzo incontro in programma a Riano, verranno realizzati infatti sullo stesso tema, alcuni reportages, un testo narrativo corredato da immagini, una fiction fotografica e un documentario. A consentire una simile varietà di iniziative, le diverse professionalità delle ideatrici di Strane Straniere: l’antropologa Maria Antonietta Mariani e la scrittrice Sarah Zuhra Lukanic, con il contributo del fotografo Francesco Chiorazzi. Promotrice del progetto, la galleria d’arte Atelier, importante crocevia di artisti internazionali, nata nel 2001 dall’incontro di due donne migranti dai vissuti molto diversi: l’architetto croato Ana Laznibat e la biologa serba Ljuba Jovicevic.
invito lab2

 

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La mafia uccide solo d’estate

boris e la iris

In queste vacanze natalizie sono scesa a Palermo con la curiosità di assaggiare la famosa iris palermitana. Curiosità nata dopo aver visto il film “La mafia uccide solo d’estate”, di Pier Francesco Diliberto, il Pif delle Iene. Feroce e sentimentale, drammatico e amaramente ironico il film merita assolutamente d’essere visto. E’ una finestra spalancata sulla Palermo degli anni 70/90 con le sue mille contraddizioni: depauperamento e degrado accanto sfarzi e magnificenze, amore e odio, coraggio e omertà. Di film sulla mafia c’è abbondanza, meno di “memoria” conseguente. La diversità del film di Pif consiste nella sublimazione dell’umanità del protagonista. Umanizzare un eroe ce lo fa sentire non un mito inarrivabile ma uno di noi. Dice Pif: “Normalizzare il bene e il male permette di comprendere quanto da una parte il bene è stato eccezionale e quanto, a suo modo, lo è stato anche il male”. “Così bisogna ricordare chi ha lottato contro la criminalità organizzata, e la loro normalità me li rende più straordinari”. Così, l’Arturo del film, bambino di una normale e modesta famiglia palermitana, ha modo di raccontare le sue pene d’amore per Flora, sua compagna di scuola, ad un “certo” Rocco Chinnici. E accetta la prima iris con la crema di ricotta da uno “sconosciuto” Boris Giuliano: l’uno e l’altro incontrati per caso, l’uno e l’altro morti ammazzati dalla mafia. Così la iris resta per lui l’unica cosa buona in quel contesto di incomprensibile cattiveria e violenza. E per questo, forse, decide di farne dolcezza di conquista, ahilui non corrisposta, per la sua amata. Attenzione, la ricetta per una iris perfetta la trovate di seguito, ma per gustare una iris come dio comanda bisogna andare a Palermo. Per vedere il film, invece, siete in tempo, ancora per poco, nelle sale di tutt’Italia.
Ivana Santomo
(Iris: la storia e la ricetta su www.ricettesiciliane.net)

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Madama Ricetta nasce all’ombra del Senato dall'alleanza di tre colleghe ... leggi la storia

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per chi ha perso la puntata del 14 novembre a Cuochi e Fiamme, con la partecipazione della nostra corrispondente da Lugano Valentina Arena, trova qui il link per rivederla.

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