A ciascuno il suo
“Delusione Italia, solo all’ottavo posto”, “In Olanda si mangia meglio che in Italia”, “Un piazzamento deludente per un paese che fa del mangiar bene un tratto forte e distintivo dell’identità nazionale”… e così via, questi i titoli, che si vanno susseguendo dopo la pubblicazione del rapporto dell’associazione umanitaria internazionale Oxfam. La Oxfam ha diffuso il Good Enough to Eat Index, un indice globale sull’alimentazione che confronta i dati di 125 paesi basati su qualità, livello nutritivo, e accessibilità dei cibi. Il podio è conquistato dall’Olanda seguita da Francia e Svizzera, poi ci sono: Austria, Danimarca, Svezia, Belgio, e, l’Italia. Nonostante un misero ottavo posto, non è vero che in Italia si mangia meno bene, come hanno voluto far credere gli articoli che hanno pubblicizzato il rapporto dell’Oxfam, insidiando il mito del cibo come simbolo ideale del made in Italy. Perché nel bel Paese si mangia bene, il problema è che non tutti possono accedere al cibo migliore, la crisi economica ha ridotto la quantità e soprattutto la qualità del nostro carrello della spesa. Lo dimostrano il proliferare del hard discount, e il segno negativo che registrano i consumi nel comparto alimentare. L’Italia potrebbe sicuramente essere al primo posto per qualità, fantasia e abilità nella preparazione dei piatti ma nel nostro Paese sempre più persone fanno fatica a far quadrare il bilancio. Il costo della vita in generale è più alto rispetto ai cugini europei che in proporzione spendono meno -rispetto al reddito- sia nell’acquisto dei cibi, sia nei consumi della ristorazione. Succede così che noi mangiamo le mozzarelle blu prodotte dalla Germania, o le passate fatte con i pomodori cinesi disidratati. I nostri prodotti, i migliori senza dubbio, finiscono negli scaffali dei supermercati stranieri e tra le mani dei migliori chef sparsi nel mondo, che ne fanno vanto nei loro menù a 5 stelle dove li citano per nome e cognome: pistacchi di Bronte, tartufo di Alba, brunello di Mntalcino… Tornare indietro si può? A ciascuno il suo, direbbe Pirandello!
Ivana Santomo
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