Il tacchino sul tetto: analisi politica in chiave “proverbiale”

I proverbi sono frutto della saggezza popolare. È vero più che mai, se massime e aforismi vengono pescati direttamente dalla tavola o dalla pancia, ossia dalla quotidiana esperienza del mangiare. L’importante è pescare bene, senza eccedere (gettando troppa carne al fuoco), citare a sproposito (come cavoli a merenda) o prendere cantonate (vedi il “passerotto in mano e il tacchino sul tetto”). Nel mondo politico, si sa, il campione indiscusso di proverbi e metafore è Pierluigi Bersani, gallina vecchiotta che indubbiamente fa buon brodo (“Nel brodo – spiegava ieri Crozza imitandolo – mica ci si entra per far l’idromassaggio, ragazzi!). I detti popolari di matrice eno-gastronomica tuttavia non calzano a pennello solo al vincitore delle primarie. Al contrario, rivelano molto su numerosi suoi colleghi, a cominciare dallo sfidante sconfitto Matteo Renzi, che per risparmiarci “la solita minestra riscaldata”, ha bruciato le tappe della sua carriera politica, preferendo l’uovo di oggi alla gallina di domani, e ora è costretto a mangiar pane e cicoria (Rutelli docet). E che dire dell’altro “giovane leder”, Angelino Alfano, che dopo aver tolto le castagne dal fuoco al cavaliere nel momento del bisogno, adesso rischia di restare a bocca asciutta? D’altronde, la mancanza di coraggio si paga e chi dorme non piglia pesci. Menomale che c’è Giorgia Meloni a cercare un po’ di adrenalina nel Pdl, insistendo con l’idea delle primarie. Berlu non è contento: per lui, abituato ad avere la botte piena e la moglie ubriaca, le donne anche in politica sono solo piacevoli distrazioni. Certo se il cavaliere, anziché piangere in silenzio sul latte versato, si presenterà di nuovo come candidato premier della destra, siamo proprio alla frutta. Spunteranno come funghi nuovi Fiorito, Polverini, Formigoni e compagnia bella. La compagnia del “piatto ricco, mi ci ficco” che “quando arriva la minestra, non c’è più sinistra e destra” (Vincenzo Marucci, ex capogruppo Idv alla regione Lazio e accanito giocatore d’azzardo docet).  Ma non scadiamo nell’antipolitica. Esistono anche partiti che dopo il magna-magna, sembrano tornati sulla retta via. Vedi la lega di Bobo: niente più trote all’orizzonte e Bossi, rassegnato all’evidenza degli scandali durante la sue gestione, che ingoia il rospo (il diavolo, si sa, fa le pentole, ma non i coperchi). Di fatto però, l’ottimismo non ha molta ragion d’essere. Probabilmente il governo tecnico non arriverà a mangiare il panettone e la riforma della legge elettorale, tra chi la vuol cruda e chi la vuol cotta, rimarrà solo una chimera. Così tra un paio di mesi potremmo ritrovarci a votare col vecchio Porcellum metafora emblema dell’attuale classe dirigente. Amen. “A proposito di politica – diceva Totò – ci sarebbe qualcosa da mangiare?”
Silvia Gusmano

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