Siamo ancora noi “questo piatto di grano”?

Perché De Gregori, cantautore simbolo della generazione che sognava di cambiare il mondo, ha venduto una delle sue creazioni più felici al Monte dei Paschi di Siena, banca sotto inchiesta per aggiottaggio con un buco in cassa di oltre otto miliardi di euro? Per soldi, immaginiamo. E se stupirsi è banale, incazzarsi è lecito. “La Storia”, canzone mito dell’artista romano, è la colonna sonora dell’ultima pubblicità televisiva del Monte dei Fiaschi, un’autocelebrazione dai toni patriottici che fa il paio con una recente campagna di Unicredit in versione Caritas (“se sentite il bisogno di azioni concrete, aiutateci”). Umiliata, offesa, prostituita. E, soprattutto, sfigurata alle orecchie di quanti l’hanno cantata sulla spiaggia intorno al falò, davanti alla scuola appena  occupata, ai concerti-evento che hanno segnato la loro crescita.  Sempre credendo fortemente nel suo messaggio e nella responsabilità individuale che comporta: “la storia siamo noi, siamo noi questo piatto di grano”. S.G.

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