“A cuscienza vostra”: solidarietà spicciola in tempi di crisi

“A cuscienza vostra”: solidarietà spicciola in tempi di crisi


“A Napoli una volta c’era una bella abitudine: quando una persona stava su di giri e prendeva il caffè al bar, invece di uno ne pagava due. Il secondo lo lasciava per il cliente successivo. Detto in altre parole, era un caffè offerto all’umanità”. Così nel suo libro il “Caffè sospeso”, De Crescenzo descrive questa geniale tradizione partenopea, il cui primo teorico ufficiale fu Totó, al fianco di Peppino, in una celebre scena del film “La banda degli onesti”. Semplice il criterio di base: chi poteva permetterselo, pagava un caffè, sommo piacere di ogni quotidianità, a un concittadino squattrinato, che affacciandosi in qualsiasi bar, poteva chiedere a gran voce “c’è un sospeso per me?” Oggi esistono forme di solidarietà più evolute ed efficaci, probabilmente ispirate a questa abitudine – in primis i banchi alimentari all’uscita dei supermercati – ma i sospesi sono quasi scomparsi. Chissà che a riportarli in auge, in quest’epoca di crisi,  non venga qualche bella iniziativa dall’estero. Pochi giorni fa, tutti i giornali hanno riportato la notizia che una famosa catena di friggitorie belga incoraggia i suoi clienti a lasciare un cartoccio di patatine pagato a chi non può permetterselo. E non è tutto. A marzo, sia in Spagna – dove è nato il marchio “Cafes pendientes” – che a Sofia, in Bulgaria, l’antica trovata napoletana ha ripreso vigore.  A dire il vero l’Italia non è da meno. Già da un pezzo al Blu, locale milanese nella zona di Isola, i gestori hanno appeso una lavagnetta che riporta il numero dei “caffè sospesi” disponibili, sotto la significativa scritta “a cuscienza vostra”. Speriamo che ristoratori e baristi di tutto il mondo prendano presto esempio, contando sul fatto che questo tipo di solidarietà pratica e concreta (offrire un panino a chi è affamato) sia molto più allettante della semplice elemosina. Il frutto della propria generosità è infatti certo e subito evidente e, a pensarci bene, si inserisce in una lunga tradizione di gesti tesi a soddisfare uno dei bisogni umani più cogenti: la fame. I testi sacri del Cristianesimo riportano molti esempi in tal senso, dalla manna nel deserto, alla moltiplicazione dei pani e dei pesci: Dio non concede ricchezze o scorciatoie, ma riconosce il grido della fame. E anche la cultura orientale offre un bell’esempio di analoga concretezza. Nelle “Mille e una notte”, Al Genio della lampada, appena apparso al suo cospetto, la povera madre di Aladino, non chiede lussi o gioielli, ma solo una tavola imbandita per sfamare, almeno una volta, come si deve, lei e suo figlio.
Silvia Gusmano

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