food street

Il gusto speciale e antico dello “street food” (in Festival a Cesena)


Alcuni dei ricordi gastronomici più belli delle mie vacanze sono legati al “cibo di strada”: gli hot dog newyorkesi  durante le lunghe passeggiate per Central Park, il chapati indiano scoperto a Mandalay, in Birmania, e le panelle di Palermo sulla piazza davanti alla celebre Focacceria San Francesco. Bocconi, con un gusto speciale, che raccontano storia, tradizioni e carattere del loro luogo d’origine. Non solo al turista. Anche nella capitale, dove sono nata, lo street food regala grandi soddisfazioni. I panini con la salsiccia più buoni della città, li fa lo Zozzone, banchetto malandato che compare nottetempo su uno slargo di Corso Francia, chiuso due anni fa per motivi igienici e riaperto poco dopo per le proteste dei tanti affezionati. E che dire della grattachecca di Sora Lella, su Lungotevere, davanti all’Isola Tiberina, in uno degli scenari più belli del centro storico? Fare una sosta lì, significa rendere omaggio alla storia millenaria di Ponte Cestio, di Trastevere o del Ghetto (dipende da che parte si sceglie di passeggiare – grattachecca in mano – dopo la sosta).  Mangiare per strada, quando non è una scelta imposta dalla frenesia dei tempi moderni, ci riporta all’essenzialità del gusto, a un rapporto privilegiato ed esclusivo con il cibo, senza l’intromissione di tutte le sovrastrutture imposte dalla cosiddetta evoluzione dei costumi (locali piacevoli, tavole ben apparecchiate, menù ricercati, intrattenimento musicale e tutto ciò che può offrire un ristorante o il salotto di casa). Così facevano gli antichi greci e gli antichi Romani che non potevano permettersi una cucina (la maggior parte) e così si mantenevano i venditori ambulanti di cibo scoperti durante gli scavi di Pompei. È una tradizione che nei secoli non si è mai interrotta. L’Italia vanta in tal senso innumerevoli esempi, dalla piadina romagnola, alle arancine, dalla torta al testo umbra, agli arrosticini abruzzesi, dai filetti di baccalà romani alle olive ascolane, dalla puccia salentina al babà napoletano, sino alla regina della cucina nostrana e dello street food: la pizza. Certo, in Italia, come in tutti i paesi più ricchi del pianeta, il cibo di strada è stato fortemente penalizzato da una rivoluzione culturale improntata all’omologazione e all’egemonia del comfort. E oggi, su questa usanza a rischio estinzione, hanno messo il cappello alcune delle realtà gastronomiche più in voga degli ultimi anni come Slow Food e Eataly. Tra le iniziative più interessanti promosse per riportare in auge chioschi e bancarelle alimentari, il Festival Internazionale del cibo di strada di Cesena, organizzato ogni due anni all’inizio dell’autunno e giunto alla sua settima edizione. Il prossimo appuntamento è alle porte: 5, 6 e 7 ottobre nel centro storico della cittadina romagnola famosa per il buon gusto a tavola. Tra gli stand in programma, oltre a un’ampia rappresentanza delle Regioni italiane, troveranno spazio tante specialità internazionali: dalla Romania al Venezuela, dall’Argentina, alla Provenza. Tutto, rigorosamente, street food, arricchito da incontri, seminari sul tema, laboratori per apprendisti cuochi, musica e teatro (www.cibodistrada.com).
Silvia Gusmano

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