una tira l’altra ma non sono cicliege

Una tira l’altra, ma non sono ciliegie!

A Palermo, il 13 Dicembre si celebra l’anniversario del martirio di Santa Lucia, avvenuto nel 304 d.C. La Vergine, Santa patrona della città di Siracusa è la  protettrice degli occhi e della vista ed è una delle sante più venerate nel capoluogo siciliano. L’intreccio di storia e leggenda  narra che i palermitani stretti nella morsa della carestia implorarono la Santa, che li esaudì  facendo arrivare nel porto di Palermo un bastimento carico di grano. I palermitani per l’urgenza di sfamarsi non lo trasformarono in farina, bensì lo consumarono bollito e quasi scondito; fu così che nacque la “cuccìa”. Oggi la cuccìa si è trasformata in un dolce semplice ma goloso, perché il grano bollito, viene mischiato ad una crema di ricotta o di latte, a delle scaglie di cioccolato e a pezzetti di frutta candita. Altro piatto tipico della tradizione sono le ”arancine” e comunque tutte le pietanze  a base di riso o di patate (timballi gateaux etc) in quanto non contengono quella famosa farina che la  tradizione vuole, per l’intera giornata, esclusa dalla tavola dei palermitani.  Il giorno di S. Lucia, infatti,  è anche detto la  festa dei panettieri che per l’intera giornata mantengono spenti i loro forni. Ma, come spesso accade a Palermo, questo giorno che dovrebbe essere di astinenza dal pane e dalla pasta diventa il pretesto per consumare arancine in abbondanza, piccole o grandi, oggi realizzate anche con fantasiosi ripieni, buone ed invitanti, calde calde e una tira l’altra.

arancineLa ricetta tradizionale, passatami da mia madre prevede:

Riso per risotti 1 Kg, Burro 100 gr, Olio e.v.o. 50 cc, Brodo di carne 2,500 lt. o in alternativa brodo granulare, Alloro, Zafferano 2 bustine, Sale

Per il ragù: Carne trita 300 gr, Piselli surgelati 300 gr, Cipolla 1, Sedano 1 costa, Carote 2, Olio e.v.o, Pomodori pelati 500 gr, Sale e pepe

Per la pastella: Farina bianca, Pangrattato, Acqua, Sale

In un capiente tegame, mettere a freddo:  riso, brodo, burro, foglia di alloro, zafferano e sale, quando il liquido si sarà assorbito, togliere dal fuoco e mantecare il riso con 50 cc. di olio  e 200 gr. di parmigiano grattugiato. Disporre il riso in un piatto e fare raffreddare. Preparare il ragù. Soffriggere cipolla, carota, sedano e appena le verdure si saranno appassite aggiungere la carne trita, fare tostare e bagnare con il vino bianco, farlo evaporare ed aggiungere i pomodori pelati e i piselli,  regolare di sale e pepe e fare cuocere. Il ragù, a cottura ultimata, deve risultare abbastanza denso. A questo punto confezionare le arancine. Tenere a portata di mano una ciotola con acqua per bagnarsi le mani e non fare attaccare il riso. Mettere nell’incavo della mano una parte di riso, spianarlo e fare una nicchia al centro, riempirla con una cucchiaiata di ragù e con la stessa quantità di riso usata prima, ricoprire e compattare una pallina, disporre tutti le arancine in un vassoio. Quando tutte le arancine saranno confezionate, mettere a riscaldare l’olio in un tegame, profondo tanto quanto basta affinchè le arancine siano completamente coperte dall’olio durante la frittura e passare alla preparazione della pastella. In una terrina sciogliere acqua e farina bianca fino a formare una pastella fluida. Prendere l’arancina, con l’aiuto di un cucchiaio spandere la pastella su tutta la  sua superficie, passarla velocemente nel pangrattato e friggerla in immersione in un tegame capiente. Fare dorare le arancine, scolarle su carta assorbente e quando la temperatura lo consente mangiarle!

Ah, vi starete forse chiedendo perchè arancina e non arancino. Perchè per  i palermitani tutto ciò che è molto buono è quasi sempre declinato al femminile.
Cecilia Puleo

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