Un ortotavolo per la vita
Un ortotavolo come regalo di nozze: può andare? “Che accidenti è un ortotavolo?” si chiederanno anzitutto in molti. Trattasi di un tavolo, di misura variabile a seconda dello spazio a disposizione, ripieno di terra, dove crescono – si spera – frutta e verdura. È pensato per chi ha una terrazza in città e sente nostalgia della campagna. E qui la seconda domanda: “perchè regalarlo per un matrimonio?”
Perchè fa chic, naturalmente. Coltivare pomodori fuori dalla finestra con il sottofondo di clacson e l’odore di smog nell’aria è l’ultima moda. E a noi piace perchè anche se il risultato non è quello dei pomodori biologici cresciuti al sole campestre, rappresenta comunque una risposta a molteplici storture del mondo moderno.
L’agricoltura urabana, nata in Germania intorno alla metà dell’800, negli ultimi tempi sta conoscendo sviluppi inediti, ben più significativi dell’ortotavolo. Secondo i dati della Fao, gli orti urbani, ossia gli spazi verdi pubblici concessi ai cittadini per uso agricolo, potrebbero diventare un’efficace soluzione alla “bomba demografica” che sta esplodendo nei Paesi in via di sviluppo. Nelle aeree più povere del pianeta, infatti, nascono ogni dodici mesi agglomerati urbani pari a cinque volte la città di Pechino. La popolazione cresce vertiginosamente e, al contempo, fugge dalle terribili condizioni di fame e miseria che affliggono le zone rurali. Avere città più verdi e “coltivabili” significherebbe, soprattutto per le fasce più povere di questi paesi, la sicurezza di mangiare cibo sano e in quantità sufficiente.
E dall’altra parte del pianeta, quella sommersa dal superfluo, che posto occupa l’agricoltura urbana? Anche qui, per motivi diversi, rappresenta un fenomeno in espansione. Sicuramente la crisi in corso le ha dato una notevole spinta (le coltivazioni fai da te consentono un bel risparmio), ma alla base del suo successo troviamo prima di tutto il desiderio di sapere cosa si porta in tavola. L’incubo inquinamento (dell’aria, dell’acqua, del terreno) perseguita i consumatori, mentre i cibi bio in vendita hanno quasi sempre prezzi esorbitanti. Inoltre mangiare i prodotti cresciuti nell’aiuola all’incrocio sotto casa o nel proprio ortotavolo è molto “eco frendly”, perché a bassissimo consumo energetico. Tutti ricordiamo Michelle Obama immortalata con le figlie nel suo orticello alla Casa Bianca, ma anche da noi non mancano esempi virtuosi.
Diversi comuni in tutta Italia tramite bandi e concorsi pubblici, concedono ai cittadini alcuni spazi verdi perché, letteralmenbte, li facciano fruttare. Nascono così gli orti urbani, la cui prima finalità è quella di promuovere la socializzazione e il recupero dei valori comunitari. A trarne vantaggio sono le fasce più vulnerabili delle realtà cittadine, a cominciare dagli anziani e dai pensionasti spesso protagonisti in prima linea di queste attività. Soltanto nella capitale, secondo un progetto dello studio UAP –Zappata Romana – sonoi già 90 i giardini coltivati a frutta e verdura, giardini in alcuni casi rinati dopo lunghi periodi di abbandono e degrado. Chi ci lavora, si batte per un modello di vita e di consumo più sostenibile rispetto a quello imposto dalla frenesia cittadina. Nella sua forma più estrema, lo stesso ideale anima le esperienze di Guerriglia Gardening, protesta non violenta di matrice ambientalista, che si esprime attraverso l’occupazione e la coltivazione di terreni pubblici in aree urbane.
Per tornare alla domanda iniziale, allora, possiamo dire che l’ortotavolo, nel suo piccolo, rappresenta un frutto prezioso di questa rivoluzione di idee e sentimenti in atto nelle città di tutto il mondo. E portarlo in casa, anzi sul terrazzo, di una giovane coppia in procinto di sposarsi, ci sembra un bellissimo regalo.
Silvia Gusmano
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