menubò: la raccolta

Primo Maggio, comunque.

Anche se il lavoro non c’è, gli stipendi diventano sempre più inadeguati, i sindacati fanno acqua da tutte le parti e il futuro non dà adito a molte speranze di miglioramento, il Primo Maggio va festeggiato. Sono le sue origine a imporlo. Nata a Parigi nel corso della Seconda Internazionale del 1889, questa festa ha affiancato sempre alla dimensione di svago e riposo quella di lotta. Lotta per conquistare diritti e restituire dignità al lavoro. Il primo obiettivo fu quello delle otto ore – ottenute in Italia dagli operai metallurgici solo nel 1919   – e poi man mano, anno dopo anno, ogni Paese ha dedicato questa “festa ribelle” alle emergenze contingenti. Da noi, nel 1898, il Primo Maggio coincise con i moti del pane, mentre nel 1945, a meno di una settimana dalla Liberazione, dopo essere stato soppresso durante il ventennio fascista, rappresentò un grande momento di speranza e entusiasmo. E oggi? Motivi oer combattere ne abbiamo anche troppi. Che non ci manchino le energie!
Silvia Gusmano

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Fave e pecorino in campagna con pane e vino

Il primo maggio a Roma si festeggia così: fave freschissime e tenere, un pecorino che deve essere rigorosamente con la lacrima, un pagnotta di Lariano, frascati fresco leggermente frizzante, il tutto consumato assieme agli amici sui prati dei castelli romani. Una tradizione che sembra risalire agli antichi romani  per celebrare l’arrivo della bella stagione, augurandosi felicità e prosperità. Una tradizione perfetta da realizzare per la festa dei lavoratori in questo infausto inizio del 2013. Cosa c’è di meglio di un rito propiziatorio, come erano soliti fare i nostri avi? Cestino alla mano e tempo permettendo, riscopriamo il piacere di una giornata di svago all’aria aperta, un pasto ultra-economico, leggero e facile da preparare e conservare: perfetto, insomma, per essere portato con sé in un pic nic nei parchi o in spiaggia.

Ivana

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L’Amatricianazionale

Il 27 e 28 aprile ’13, ad Amatrice un nuovo evento gastronomico, “l’Amatricianazionale: il giro d’Italia in un piatto”, celebra il piatto di spaghetti più famoso nel mondo. Convegni, laboratori di cucina, laboratori con gli chef, vi insegneranno come cucinare la vera amatriciana e come abbinarla ai vini migliori. Troverete stand delle eccellenze con i migliori prodotti DOP, DOC, IGP, STG del territorio e corsi di cucina sulla pasta, sul pomodoro e sul guanciale, il tutto condito da esibizioni di giocolieri clown e musicisti. Insomma due giorni da non perdere! E per chi non ha tempo e resta a casa ecco la ricetta originale degli “spaghetti all’amatriciana” dal sito www.amatricenews.it, direttamente sul vostro tavolo. 
Non v’è dubbio che la notorietà di Amatrice sia prevalentemente legata alla tradizione gastronomica e culinaria che ha trovato la sua massima espressione nella ricetta degli spaghetti all’Amatriciana. Questo piatto si fonda su ingredienti tipici e su una preparazione semplice, ma nello stesso tempo meticolosa sia nelle operazioni che nell’uso di utensili particolari, come, ad esempio, la padella in ferro per cuocere la salsa. La bontà della ricetta e la straordinaria professionalità di numerosi ristoratori romani originari di Amatrice hanno fatto il resto, facendo diventare “gli spaghetti all’Amatriciana” parte fondamentale della cucina italiana.
L’amatriciana nasce con il condimento in bianco e solo alla fine del 1700, con l’avvento del pomodoro, il piatto viene preparato con gli stessi ingredienti e l’aggiunta del pomodoro.
Erroneamente alcuni attribuiscono l’Amatriciana alla cucina Romana, dimenticando che furono invece i pastori, che con gli spostamenti stagionali della transumanza verso le campagne romane, fecero conoscere questa ricetta nella capitale. (leggi la ricetta)
Ivana

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Carciofi alla Giudìa e il Ghetto di Roma

Bellissimi da vedere, buonissimi da mangiare! Bellissimi perché alla vista assomigliano a enormi fiori aperti, rose dalle foglie croccanti, buonissimi perché il fritto è sempre buono! 
Si chiamo così perché giudia in dialetto romano significa alla maniera giudaica. Il carciofo intero fritto, più che appartenente alla cucina ebraica in generale, per noi romani è un piatto tipico del ghetto. Il Ghetto ebraico di Roma è tra i più antichi del mondo, fu istituito nel lontano 1555 quando Paolo IV, rinchiuse con l’edificazione di un muro, che va dal rione Sant’angelo al teatro Marcello la comunità ebraica. Demolito il muro il ghetto è rimasto tra i quartieri romani più antichi ed affascinanti, tra bellissimi resti come il portico d’Ottavia e la splendida Sinagoga, si snodano viuzze piene di negozietti, locali e ristoranti famosi nel mondo. Un luogo intensamente scenografico che ha fatto da cornice a indimenticabili film, tra i più recenti “La finestra di fronte” di Ferzan Ozpetek, dove il co-protagonista, l’anziano pasticciere ebreo Davide Veroli, tormentato dai ricordi, regala eterei momenti di dolcezza. (leggi la ricetta)
Ivana

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“A cuscienza vostra”: solidarietà spicciola in tempi di crisi


“A Napoli una volta c’era una bella abitudine: quando una persona stava su di giri e prendeva il caffè al bar, invece di uno ne pagava due. Il secondo lo lasciava per il cliente successivo. Detto in altre parole, era un caffè offerto all’umanità”. Così nel suo libro il “Caffè sospeso”, De Crescenzo descrive questa geniale tradizione partenopea, il cui primo teorico ufficiale fu Totó, al fianco di Peppino, in una celebre scena del film “La banda degli onesti”. Semplice il criterio di base: chi poteva permetterselo, pagava un caffè, sommo piacere di ogni quotidianità, a un concittadino squattrinato, che affacciandosi in qualsiasi bar, poteva chiedere a gran voce “c’è un sospeso per me?” Oggi esistono forme di solidarietà più evolute ed efficaci, probabilmente ispirate a questa abitudine – in primis i banchi alimentari all’uscita dei supermercati – ma i sospesi sono quasi scomparsi. Chissà che a riportarli in auge, in quest’epoca di crisi,  non venga qualche bella iniziativa dall’estero. Pochi giorni fa, tutti i giornali hanno riportato la notizia che una famosa catena di friggitorie belga incoraggia i suoi clienti a lasciare un cartoccio di patatine pagato a chi non può permetterselo. E non è tutto. A marzo, sia in Spagna – dove è nato il marchio “Cafes pendientes” – che a Sofia, in Bulgaria, l’antica trovata napoletana ha ripreso vigore.  A dire il vero l’Italia non è da meno. Già da un pezzo al Blu, locale milanese nella zona di Isola, i gestori hanno appeso una lavagnetta che riporta il numero dei “caffè sospesi” disponibili, sotto la significativa scritta “a cuscienza vostra”. Speriamo che ristoratori e baristi di tutto il mondo prendano presto esempio, contando sul fatto che questo tipo di solidarietà pratica e concreta (offrire un panino a chi è affamato) sia molto più allettante della semplice elemosina. Il frutto della propria generosità è infatti certo e subito evidente e, a pensarci bene, si inserisce in una lunga tradizione di gesti tesi a soddisfare uno dei bisogni umani più cogenti: la fame. I testi sacri del Cristianesimo riportano molti esempi in tal senso, dalla manna nel deserto, alla moltiplicazione dei pani e dei pesci: Dio non concede ricchezze o scorciatoie, ma riconosce il grido della fame. E anche la cultura orientale offre un bell’esempio di analoga concretezza. Nelle “Mille e una notte”, Al Genio della lampada, appena apparso al suo cospetto, la povera madre di Aladino, non chiede lussi o gioielli, ma solo una tavola imbandita per sfamare, almeno una volta, come si deve, lei e suo figlio.
Silvia Gusmano

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Minestrine insipide e menù penitenziali?


Minestrine insipide e menù penitenziali? Tutt’altro. Antichi monasteri e bellissimi refettori, convertiti -per restare in tema- in case di accoglienza per pellegrini, si sono trasformati in veri e propri ristoranti, di rara prelibatezza. Nell’esplosione good-food del ventesimo secolo, tra i nuovi media si sono fatti strada i religiosi, dal primo calendario di frate indovino -con consigli e ricette- a “la cucina dei Pellegrini”, fino ad arrivare al best seller di suor Germana “Quando cucinano gli angeli”. Il passo dalla libreria ai blog  -“dalla terra al cielo”, vendita di prodotti tipici dei monasteri- e alla tv, è breve. Sul piccolo schermo  c’è ne per ogni gusto e misura da  “una nuova stagione tra i fornelli insieme a don Domenico” di sat2000 a “dimagrisci con spirito!”, la tradizione alimentazione dei monaci zen, su Arturotv, fino ad arrivare a suor Stella, ospite fissa della Clerici, su Rai1 . Quale il segreto di tanto successo?  Non uno, ma tanti a partire da un’aria mistica che si respira in ogni ricetta, frutto di intrugli e alchimie nascoste che alimentano la fantasia e piatti curati nel rispetto delle tradizioni. Non a caso i primi libri di ricette nascono nei monasteri medioevali, grandi centri di cultura e scrittura ma anche luogo di scambio, di informazioni e di contatto tra classi aristocratiche e popolari: dagli Abati e le Badesse di estrazione nobile ai semplici frati e monache di umili origini. Luoghi in cui la cultura si unisce all’ora et labora dei monaci benedettini. Dediti alla cura dell’orto e all’accoglienza per frati e  pellegrini, gli ordini religiosi sono tra i maggiori esperti nella ristorazione collettiva, hanno saputo trasformare, attraverso ricette tramandate nei secoli, prodotti della terra in prelibati cibi e vivande. I risultati? Sulla bocca di tutti, partendo da infusi di erbe, passando per vini, oli, cioccolato, elisir, liquori, e chi più ne ha più ne metta: Cistercensi, Carmelitani scalzi, Trappisti ecc… sono arrivati al maximum con lo champagne, “Dom Perignon”, del monaco benedettino Pierre Pérignon. Con il proliferare delle crisi vocazionali, la trasformazione dei conventi diventa sempre più un business, forti della domanda di turisti più attenti a prodotti biologici e e in cerca di luoghi incontaminati dove rinfrancarsi dallo stress cittadino, monaci e frati, sempre in minor numero, affidano ad aziende esterne specializzate la produzione e la gestione dei monasteri ma sempre, assicurano, “su precise indicazioni e sotto la nostra attenta supervisione”. Insomma ce n’è per tutti i gusti e per tutte le tasche. Per i ricchi e per i poveri, come chiesa insegna. Così i più fortunati possono contare su numerosi ristoranti “ispirati”: “la Croce Bianca” a Vercelli dove in un’oasi naturale e mistica si possono gustare formaggi del territorio, il riso o la polenta concia, preparata con burro d’alpeggio; “la Badessa”, in un palazzo nobiliare al centro di Torino, che offre piatti raffinati come la terrina di patate e castagne su vellutata di carciofi; e si potrebbe continuare arrivando fino in Sicilia. E per chi resta a casa, in tempi di crisi, cosa c’è di meglio del ritorno ai piatti umili, al cibo sano, alle ricette semplici di contadini e popolani. Anche riciclare gli avanzi in cucina può essere una vocazione!  Non ci resta che ringraziare suore, frati e monaci per tanta dedizione, per i gustosi piatti ed i preziosi consigli, e ci complimentiamo con Abati e Badesse per le nuove ri-conversioni, ricordando loro che l’IMU è una tassa sugli immobili, benché religiosi, dedicati al business.
Ivana 

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Primavera: un invito a riscoprire le stagioni anche a tavola

E’ desiderio comune, dopo le abbuffate pasquali, depurare e alleggerire un po’ il fisico. Se dopo Natale vi avevamo sconsigliato diete drastiche e regimi alimentari troppo salutisti, oggi vi invitiamo ad approfittare dei tanti doni primaverili che la Terra ci riserva. I profumi e i colori che arrivano direttamente dai campi nei mercati di tutta Italia non vanno sprecati e, senza voler offendere la profonda conoscenza dei nostri lettori in tema di stagionalità di frutta e verdura, ci permettiamo di ricordare quali sono le principali primizie d’aprile. Il verde di cavoli, broccoli e verza, si arricchisce nelle prossime settimane delle intense sfumature dei carciofi e degli asparagi, due verdure particolarmente adatte a depurare il fegato. E che dire delle prime fave, della lattuga fresca e della tenera cicorietta? Chi se ne intende di campagna, sa che questo è il momento migliore per portarle a tavola. Quanto alla frutta, un prodotto su tutti basta a rendere omaggio alla stagione della rinascita e, perché no, dei nuovi amori: le fragole. Mangiare sano dunque, in Primavera più che mai, non richiede alcuno sforzo, anzi è un vero piacere. Basta esserne coscienti, facendo una passeggiata tra i banchi di verdura sotto casa o, per chi no ne avesse il tempo, un giro tra i tanti mercati “virtuali” che offrono la possibilità di acquistare le migliori primizie a chilometro zero con un semplice clic dal computer di casa. Conoscere e rispettare la stagionalità dei prodotti, anche oggi che chimica e globalizzazione hanno reso possibile mangiar fragole a Natale e piselli surgelati tutto l’anno, comporta infiniti vantaggi al palato, al fisico, al portafoglio e all’ambiente. Pensiamoci e teniamo d’occhio il calendari di Madre Natura!
Silvia Gusmano

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RICICLA IL TUO ATTEGGIAMENTO

“Recicle suas atitudes”, questo è lo slogan scritto a caratteri cubitali che è stato trovato sulla spiaggia di Botafogo a Rio de Janeiro, accanto a dei pesci giganti costruiti utilizzando bottiglie di plastica di scarto, proprio durante il summit sull’ambiente Rio+20 (The United Nations Conference on Sustainable Development), che si è tenuto la scorsa estate in Brasile e a cui ha partecipato anche l’Italia. Alcuni artisti sconosciuti hanno avuto la bella idea di dialogare in maniera insolita con i partecipanti alla conferenza mondiale sull’ambiente e mentre gli Stati del mondo discutevano di ambiente, di risorse rinnovabili, di ecosistema (bla, bla, bla…) loro hanno istallato su una delle spiagge più belle di Rio enormi pesci le cui squame luccicanti fatte da migliaia di bottiglie simboleggiavano la minaccia di un eccesso di consumo per il nostro ecosistema. Ogni giorno, il consumo mondiale di bottiglie di plastica raggiunge proporzioni epiche e ancora troppe vengono gettate nelle discariche, piuttosto che essere semplicemente riciclate. Questa magia che si è animata sulla spiaggia di Rio ha solleticato la mia creatività e perché non trarre spunto da questa nobile iniziativa e fare qualcosa anche noi? Perché non  moltiplicare tante piccole magie nelle nostre giornate e nelle nostra case? Dare ad ogni cosa una seconda opportunità potrebbe diventare uno stile di vita, dal mobile vetusto al vestito fuori moda, e perché no anche in cucina. Quando usi qualsiasi agrume, (limoni, arance, mandarini, mandaranci, cedri), non buttare le scorze, lavale molto bene e poi conservale in freezer in un sacchetto. Quando saranno una buona quantità, disponile su un foglio di carta forno nella gratella del forno a circa 50° per 3-4 ore. Quando saranno sufficientemente essiccate, frullale e mettile in un barattolino. Con questa magica polvere, ricca di profumi e di olii essenziali, potrai condire esplosivi risotti, inebrianti creme, dolci e salate, aromatizzare tè, tisane e marinate, potrai insomma ridurre il volume del sacchetto della tua spazzatura, portare in tavola sfiziosi manicaretti e profumare anche il tuo freezer. Prova! Se il tema del riciclo  vi appassiona particolarmente e poiché con il metodo dell’essiccamento in cucina  si può aprire tutto un mondo, su commercioetico.it  troverete tante informazioni relative agli essiccatori.
Cecilia Puleo

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Da dove vengono le uova di Pasqua?


Quest’anno la Pasqua, che cade il 31 marzo, sarà “bassa” – secondo calcoli che vedono legati luna, equinozio di primavera e prima domenica successiva al loro arrivo – e abbastanza calda, anche se probabilmente non soleggiata viste le previsioni meteo. Comunque sarà un giorno di festa nel quale riposarsi, festeggiare e stare insieme, scambiandosi oltre agli auguri anche il tradizionale dono pasquale: l’uovo di cioccolata. Esisteva fin dall’antichità l’usanza di regalare semplici uova di gallina, spesso decorate a mano. Avveniva tra i Persiani i quali così festeggiavano l’avvento della stagione primaverile, per loro inizio di un nuovo anno e di una nuova vita. Con il Cristianesimo, l’uovo divenne simbolo di rinascita e risurrezione e la sua apertura il giorno di Pasqua è una tradizione carica di significati oltre che molto diffusa. In ogni paese tale abitudine viene declinata in modo diverso. Ad esempio, in Germania le uova, dopo essere state bollite, vengono avvolte con delle foglie o con dei fiori per dar loro un colore particolare. Nel Medioevo regalarsi in questo periodo uova decorate a mano era usanza comune, principalmente per premiare la servitù. E tradizionalmente tutte le uova che non venivano mangiate nel periodo di digiuno e astinenza (i 40 giorni della quaresima cristiana), si accumulavano per diventare doni pasquali. Venivano cucinate sode e dipinte a mano, inizialmente di rosso, ad indicare il colore della Passione di Cristo, poi di diversi colori e fatte benedire in piazza la domenica di Pasqua. Risale sempre al Medioevo l’usanza di rivestire le uova artificiali di materiali preziosi quali argento platino e oro, come dono ai nobili e agli aristocratici. Più recentemente, nel XIX secolo, l’orafo russo Peter Carl Fabergè ampliò la già ricca tradizione dell’uovo decorato, rivestito o smaltato, inserendo all’interno delle sue splendide creazioni una o più sorprese: un’idea che riscosse rapidamente un notevole successo. Solo successivamente, soprattutto nel corso del ‘900, è arrivato l’uovo di cioccolata classico o con infinite varianti, per lo più fatto artigianalmente e con la sorpresa all’interno. All’inizio veniva dipinto con prodotti vegetali come le cipolle rosse, oggi che è diventato un prodotto commerciale a tutti gli effetti, accontenta gusti ed esigenze di ogni tipo. E in tanti iniziano con largo anticipo a preparare le proprie uova. C’è chi addobba alberelli simili a quelli natalizi, appendendovi uova dipinte e mano e chi si diverte, come era usanza della cultura pagana, a riprendere il gioco del “combattimento”: due giocatori tengono saldamente in mano due uova sode – magari colorate – e colpendo delicatamente l’avversario cercano di rompere il suo guscio, salvaguardando il proprio. Perde chi è più impaziente o maldestro! Insomma ci sono tanti modi per rendere questo giorno importante allegro e speciale.. comprare uova biologiche ed equosolidali se si vuole.. farle riempire con un dono anche piccolo ma significativo, oppure – perché no?- usare un po’ del proprio tempo per fabbricarsele personalmente come meglio si riesce. L’uovo di Pasqua fatto in casa con ingredienti genuini è il miglior modo per sorprendere le persone a cui teniamo, oltre che l’occasione per fare un esperimento culinario che ha per protagonista il cioccolato! Che sia bianco, fondente o al latte..invece di partire pensando ai comuni sensi di colpa post abbuffate, al timore nel far danni ai fornelli o alla fase di decorazione, si inizia con una ricetta semplice: venti minuti del nostro tempo e qualche utensile provvidenziale ad aiutarci. Se volete provare vi consigliamo la ricetta riportata su  www.nonsprecare.it
Buona Pasqua a tutti!
Adalisa Gusmano

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IL GOVERNO CHE VOGLIAMO

 Estenuante sostenitrice della buona tavola e della buona terra, MadamaRicetta vi invita a sostenere l’appello del fondatore di Slow Food e Terra Madre, Carlo Petrini, e dell’imprenditore della ristorazione di qualità della catena Eataly Oscar Farinetti. Due personalità che abbiamo sempre elogiato per il loro impegno nel promuovere e sostenere il made in italy nell’agroalimentare. A proporlo con loro ci sono altri illustri italiani, che vogliono bene al nostro Paese, don Luigi Ciotti e don Andrea Gallo, Jovanotti, Saviano e Benigni. L’appello chiede ai «rappresentanti eletti in Parlamento, ai loro leader e ai loro portavoce, di impegnarsi fino allo stremo per riuscire a dare una fisionomia politica, dunque un governo di alto profilo».  Il motto di Slow Food: “buono, pulito e giusto” calza a pennello per il nuovo Governo che vogliamo!
Ivana Santomo

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Madama Ricetta nasce all’ombra del Senato dall'alleanza di tre colleghe ... leggi la storia

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