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Ad Albenga terreni creativi e arte in serra

Gli antichi lo chiamavano locus amoenus, posto incantato che grazie alla sua bellezza, delizia lo spirito e accende la creatività umana. L’esempio più alto, nella letteratura italiana, lo offre Boccaccio che nel Decameron dà vita per i suoi novellieri, fuggiti dalla peste di Firenze, ad una cornice bucolica simile al paradiso terrestre. La rivisitazione più irriverente dei tempi moderni la troviamo invece nel film Tamara Drewe, dove la campagna inglese si trasforma per alcuni scrittori da Musa ispiratrice a scenario di torbide passioni. Nel mezzo, si colloca la felice intuizione di Terreni Creativi, Festival che porta l’arte nelle serre e sui campi coltivati di Albenga, nel cuore della Liguria. Il locus amoenus della kermesse, giunta alla sua terza edizione, sono infatti tre importanti aziende agricole della zona (Terra Alta s.r.l, CeRSAA e Aeffe Floricoltura): luoghi di lavoro protagonisti delle dinamiche economiche e sociali della provincia di Savona, che dal 6 all’8 agosto si trasformeranno in  suggestive scenografie per ospitare spettacoli e performances di vario genere. L’obiettivo è coniugare produzione artistica e produzione agraria, entrambe espressione del migliore spirito ingauno (da Album Ingaunum, antico nome della città, mutato dopo la sua conquista da parte dei Romani). Gli spettatori, in costante aumento negli anni passati, ascolteranno musica e assisteranno a spettacoli di teatro, danza o poesia tra filari di pomodori e vigneti, avvolti dal profumo di timo, salvia e basilico. Senza dimenticare il gusto. Tra una rappresentazione e l’altra (o parte integrante di esse) sono previste degustazioni di vini e prelibatezze rigorosamente a chilometro zero.

Nel cartellone, ideato dall’associazione Kronoteatro e patrocinato dalla Regione Liguria, il tema agricolo trova ampio spazio: dall’incontro intitolato “La Creatività della mozzarella” al racconto-canzone su “La solitudine dell’Ape”, tutto suona come un sentito ed inedito omaggio dell’arte alla Madre Terra. Grande attesa per gli appuntamenti con Gerry Delfino, personaggio di spicco della zona, che nel suo “Giardino Letterario”, altro locus amoenus contemporaneo, colleziona piante e alberi resi celebri dalla poesia di tutti i tempi: il limone di Montale, il rododendro di Goethe, l’arancio di Garcia Lorca, etc… Ospite della manifestazione anche il pluripremiato videomaker torinese Donato Sansone, con alcuni cortometraggi. E, in chiusura di ogni serata, spazio ai balli scatenati sulle note della musica occitana, mediterranea e balcanica, con i gruppi Banda Brisca, Movimento Unico Sud e Inconsueto Popolare. Tutte le informazioni su www.comune.albenga.sv.it o al numero 380 3895473.
Silvia Gusmano   

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“Mediterraneo”, ristoranti in periferia

“recensioni”

Se un giorno scopriste di avere una gran voglia di mangiare dei buoni piatti a base di pesce non dovete necessariamente salire in macchina ed affrontare le estenuanti code verso il mare. A contraddire chi pensa che in periferia non ci siano buoni ristoranti ci prova “Mediterraneo” che, lo scorso 12 luglio, ha aperto i battenti a Morena, estrema periferia di Roma sud. Ambiente dal design elegante, molto curato, ma al contempo rilassante e confortevole. Il pavimento e le pareti: un mosaico di mattonelle di stile siciliano, tutte diverse e coloratissime, creano un’atmosfera accogliente e calda. Gestito da due fratelli Fabio e Pier Luigi, che hanno già maturato una lunga esperienza nel settore, il “Mediterraneo” ha una cucina che mette al primo posto la qualità del prodotto.
Soci del presidio Slowfood rispettano rigorosamente il piacere alimentare basato su prodotti in prevalenza a chilometro zero, in armonia con gli ecosistemi locali. Pier Luigi vi accoglie con estrema cordialità e discrezione mentre Fabio prepara per voi deliziosi manicaretti, come la splendida insalata di polpo, i maltagliati con vongole e bottarga, fritture croccanti, fresche e leggere. Dimenticavo, fa anche un’ottima pizzeria dai condimenti variegati e originali.
Se volete provare lo trovate in via del Fontanile Anagnino, 121, Morena-Roma.
Tel 06 97610983 cell 366 2632697. Primi 9/15 euro, secondi 14/25 euro.
E bon appetit!
Ivana

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A fuoco lento, ricette per l’inclusione sociale

“vi segnaliamo”

Riportiamo una bella recensione, dal titolo “Menù a fuoco lento per condividere la vita”, apparsa sabato scorso sull’Osservatore Romano, a firma di Giulia Galeotti. Una (duplice) lettura da non perdere.
“Siamo bombardati, ormai, di cucina. Tra libri di ricette, programmi televisivi, riviste dedicate, personaggi tra i fornelli, rubriche, è una corsa a ostacoli. Salvo poi essere parimenti bombardati dalla gara tra suggerimenti ossessivi su quale sia il regime dietetico più facile, indolore ed efficace. Le prime posizioni delle classifiche di vendita dei libri in Italia restituiscono con inequivocabile chiarezza questo binomio, autenticamente schizofrenico. Eppure, tra il marasma di titoli e pubblicazioni, qualcosa di veramente appetitoso e salutare lo abbiamo individuato. È A fuoco lento. Storie di ordinaria disabilita, ricette per l’inclusione sociale (Milano, altreconomia edizioni, 2012, pagine 112, euro 8), libro a cura dell’associazione Come un albero onlus e di Solidarius Italia, che riporta ricette di vita e di cucina raccontate da familiari di persone affette da disabilità mentale. Le cuoche e narratrici sono tutte madri, tranne una sorella e un padre (autore della più semplice delle ricette, la pasta al tonno). L’idea è nata da un progetto volto a inserire in una rete di economia solidale il centro culturale Come un Albero di Roma, che dal 2004 si occupa di disabilità e inclusione sociale avendo come scopo primario quello di favorire l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità intellettiva. Tra l’altro l’associazione ha, in via Alessandria, un centro culturale bello, curato e accogliente, dove è anche possibile svolgere eventi come presentazioni di libri, mostre, incontri tematici, laboratori e feste, di bambini e non. Ebbene, nel tentativo di favorire la tanto difficile “inclusione”, alcuni genitori sono stati invitati a preparare nella cucina del Centro una ricetta e a raccontare contestualmente la propria esperienza con i figli disabili; nella convinzione che partendo dal calore del cibo si è facilitati nel racconto, spartendo ricordi e dolori, momenti di felicità, desideri e partenze in salita. Gli incontri si concludevano poi consumando insieme quanto preparato. I temi affrontati dalle narratricicuoche sono, al contempo, simili e diversissimi. Pietanze speziate da momenti di crescita, percorsi scolastici, esperienze di socialità e qualche timido tentativo di lavoro: storie piene di vita, decisamente mai insipide, talvolta drammatiche, a tratti divertenti. Tra una teglia da imburrare, un tortino da farcire o la pasta da scolare, ci si racconta lutto e gioia, pace e lotta, coprendo tutti i momenti della vita. La fase della scoperta, del primo incontro, della consapevolezza della disabilità; la fase dell’assestamento, quando si inizia a mettere a fuoco il problema (spesso per nulla aiutati da chi ci circonda); la fase della crescita, ora armonica, ora disperata, ora a zig zag; la fase dell’età adulta, quando ti accorgi di dover iniziare tutto da capo nel tentativo di trovare un nuovo posto nel mondo al figlio disabile (e anche a te, mamma di figlio disabile); la fase, eterna e continua, della preoccupazione del dopo-di-me. A leggerle però, sono soprattutto storie condivise. Perché è la relazione il centro di tutto. Certo non manca la difficoltà. Non tanto la difficoltà personale e intima del genitore alle prese con un evento inatteso: quello che risulta è la difficoltà vissuta quotidianamente nel relazionarsi proprio con gli interlocutori in qualche modo deputati alla condivisione. Medici, insegnanti, religiosi, assistenti sociali. È lo scandalo dell’essere lasciati soli, degli inghippi burocratici, delle porte sbattute in faccia a scuola, di suore e presidi che non li vogliono, di medici incapaci. Non che manchino le suore e i presidi che li vogliono o i medici capacissimi, ma la cosa che veramente ferisce è l’assenza di un qualsiasi progetto al di fuori della famiglia. «È come se fosse più equo e giusto pensare ai diritti dei lavoratori del sud del mondo o dei produttori agricoli piuttosto che al diritto al lavoro delle persone con disabilità, tanto più se la disabilità in questione è di tipo intellettivo o relazionale», scrive Chiara Bonifazi nella postfazione, raccontando come, quando e perché la disabilità e l’economia solidale s’incontrano in cucina. Il progetto testimoniato da A fuoco lento, infatti, è quello dell’inserimento socio-occupazionale e lavorativo di persone con disabilità intellettiva e relazionale medio-lieve, nel tentativo di suggerire un altro modo di pensare i servizi per i disabili mentali, valorizzandoli e coinvolgendo il contesto. Rifiutando la logica assistenzialistica (che discrimina, impoverisce e isola) pur avendo chiaramente presenti le difficoltà di un mondo del lavoro aggressivo e competitivo, l’economia solidale può dunque offrire qualche spiraglio. Rimettendo al centro del lavoro le persone, prima del profitto”.
www.comeunalbero.org

 

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Autosufficienza alimentare: un sogno evergreen

“libri”

Orti  improvvisati su tetti, balconi e terrazze, scelte a volte dettate dalla crisi, più spesso imposte dalla moda del ritorno al bio e dalla ricerca di cibi più genuini. Riprendiamo un argomento trattato alcune settimane fa (vedi “Un ortotavolo per la vita” ), per darvi notizia di un’interessante pubblicazione resa disponibile al pubblico italiano in questi giorni. L’agricoltore inglese, John Seymour, sostenitore convinto della teoria dell’autosufficienza alimentare e produttiva, nato a Londra nel 1914, in tempi ancora non sospetti, scrisse nel 1978 un vero e proprio manuale teorico-pratico su una scelta/stile di vita ecosostenibile – “L’orto e il frutteto secondo natura”  –  dando numerosi suggerimenti e  indicazioni precise sui processi di preparazione del terreno, coltivazione, scelta dei migliori sementi, interessanti tavole botaniche e schede dettagliate sui vari alimenti. Al contrario di quanto si potrebbe pensare, nulla viene lasciato al caso: la tempistica del processo di coltivazione è ben scandita e programmata.  Il volume, divenuto subito best seller Oltremanica, affronta un tema che è tornato di grande attualità: ritrovare uno stile di vita corretto e funzionale, riscoprendo e perché no, mettendo in pratica, metodi che consentono anche di risparmiare (produzione artigianale di vino, birra, conserve…).   Adottare uno stile di vita ecosostenibile non vuol dire compiere passi indietro, secondo l’autore, ma ha, al contrario, profondi risvolti psicologici: affrontare le “sfide della terra”, infatti, permetterà all’uomo di trarre grande appagamento dal proprio lavoro e di raggiungere un maggiore benessere fisico e mentale. Nel volume, inoltre, vengono analizzati i processi di allevamento degli animali, con un occhio di riguardo alla gestione della terra e, una parte sostanziosa è dedicata alle fonti di energia alternativa: risparmiare rispettando l’ambiente. Oggi la prima traduzione in italiano, conseguenza tutta positiva di una crisi che in alcuni casi tira fuori il meglio di noi.
Alessandra  

 

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Da Artusi a Parodi: tuffo nell’universo letterario dell’aspirante cuoco

Regola numero uno prima di mettersi ai fornelli. Assicurarsi di aver comprato tutti gli ingredienti? Avere in mente il piatto giusto? Possedere gli strumenti adatti? Niente di tutto questo…la vera arma segreta è farsi un giro in libreria. Io l’ho fatto e vi assicuro che si tratta di un’esperienza senza limiti, un vero e proprio bungee jumping della gastronomia. Tenetevi forte allora, i libri di cucina in commercio sono davvero tanti e il viaggio tra gli scaffali potrebbe lasciarvi senza fiato..o senza speranze, a voi la scelta. Ce n’è di ogni forma e colore, gusto e misura…
Partiamo dal reparto che definiremo dei “classici”, dove si alternano titoli altisonanti come “Il cucchiaio d’argento”, o testi considerati “sacri” come quelli di Gualtiero Marchesi o Pellegrino Artusi. Evergreen che nella vostra cucina potrebbero certamente trovare posto…ma senza portare con sé troppo entusiasmo direi.
A questi si accompagnano i banalotti dal titolo omologante “Il grande libro di”, che vanno dal “Grande libro dell’antipasto” al “Grande libro del dolce”, passando per quello della pasta, alimento mitico, Eldorado di tutti i turisti: sarà per questo che i volumi in quesione sono tradotti persino in aramaico antico, non sia mai lo conosca qualcuno e questo qualcuno decida che degli spaghetti alla puttanesca non può proprio fare a meno.
Proseguendo il nostro cammino attraverso i dolci e teneri retaggi della tradizione, incontriamo l’immancabile… “Cucina delle nonne” oppure “Le migliori ricette della nostra infanzia”, cui si accompagna senza dubbio il best seller, “In cucina, con zia Vera…” (chi sarà mai, non è lecito chiedere). Tra i tradizionalisti incalliti anche coloro che non vogliono rinunciare alle proprie origini, e alla cucina Thai preferiscono 10 a zero a’ pummarola! Per loro, ad esempio, il testo “Pane Napoli e fantasia…” ci sembra perfetto. Qui la storia del Calcio Napoli si abbina all’antica tradizione della cucina partenopea. Perché, si legge nella quarta di copertina, “se ogni gol è n’emozion’… ogni boccone a cchiù sapore”.
In uno degli scaffali scorgiamo anche “La cucina medievale”: va bene la tradizione e il non voler continuamente strizzare l’occhio alla moda del finger food, ma onestamente ci sembra davvero un tantino demodé. A questo punto inserirei la serie della grande storia, di cui eleggerei degno capolista “I maccheroni di Thomas Jefferson. Piccole storie di cucina di Oretta Zanini De Vita, dove incontriamo a tavola una lunga serie di personaggi celebri, da Magellano a Michelangelo, da Van Gogh a Napoleone, da Lucrezia Borgia fino ai Savoia. La serie “Le vite degli altri” non è finita qui: ecco ad esempio “I peccati di gola dei campioni”, nel caso non possiate vivere senza sapere cosa prediligono in tavola Fiona May o Josefa Idem, Antonio Di Natale o Francesco Totti.

Da Michelangelo al Pupone, come vedete, ormai il passo è breve… Quasi fossero specie protette da custodire con cura, ci si avventa poi contro la folta flotta dei libri Bio, vegetariani e per celiaci. Ormai, è il caso di dirlo, li troviamo in ogni salsa. Quello che ci sorprende tra tutti è un titolo: “Nobili Scorpacciate Vegane. Le 4 Stagioni”. Ora, accostare la parola “scorpacciata” a piatti come gli “Asparagi al sesamo” può apparire un po’ azzardato…ma nel mondo bio anche la “Bavarese di yogurt” dimentica il mascarpone e si inchina al ritmo naturale di Madre Terra. Da associare, notate bene, al “Libro del Tofu” (come farne a meno..), o alle “Buone ricette senza zucchero e senza sale” (che devo dire ci fanno tanta paura..) al quale personalmente preferiamo “Parlami d’amore ragù..”, che fa capolino più avanti, laddove la carne non è bandita.

Spaventata dal bio mi dirigo verso il più accogliente microcosmo della cucina per bambini. Qui troviamo tra gli altri “Slurp. Sos Pappa”, vademecum di ricette appetitose e sane per i nostri piccoli. Un mondo solo all’apparenza rassicurante, che da lì a poco spalanca dinnanzi a noi il capitolo supermamma, o super donna, cui si chiede davvero l’impossibile. Eccoli laggiù i libri delle super casalinghe: “Fare il pane in casa”? Meglio…Sullo scaffale più in basso troviamo “Fare il formaggio in casa”: eh si, avete capito bene. Tra una riunione in ufficio, l’asilo, la lavatrice, il catechismo e il nuoto credo che una caciottina al volo faccia al caso vostro. Il sottotitolo d’altro canto, è chiarissimo: Dal latte alla caciotta in dieci semplici mosse. Et voila!
Eppure a quanto pare anche la supermamma in vacanza dovrebbe riposarsi, almeno stando al volume “Il re del fornelletto”. Nota bene, non la regina…il re! Il tutto per via di questa strana convinzione italiana che vede gli uomini occuparsi di barbecue e di strani arnesi da campeggio (tentando di mostrare agli amici conosciuti in ferie una dimestichezza il più delle volte assente…) mentre le donne si affannano ai fornelli durante tutto il resto dell’anno…
Voltando l’angolo, dimentichiamo per un attimo l’affollato camping (non è difficile) e ci trasferiamo a New York City. È durante il viaggio nella Grande Mela attraverso “Kitchen Confidential”, che ci tuffiamo davvero in una travolgente avventura culinaria. Disincantato ma emozionante, Kitchen Confidential ci svela tutti i retroscena meno “gustosi” della ristorazione. Anthony Bourdain ci racconta, infatti, ciò che di piú segreto avviene all’interno di una cucina, senza tralasciare, un avvertimento: evitate la castità alimentare e divertitevi con il cibo! La gioia della cucina e del cibo è espressa, in modo del tutto differente, anche ne “La cucina del buon gusto” di Maria Rosoario Lazzati e Simonetta Agnello Hornby. Entrambe da una vita lontane dal nostro Paese e dai suoi sapori, celebrano con questo volume la felicità che dà loro il mangiare e il preparare manicaretti per gli altri. Il dono del cibo in tutte le culture le religioni, quindi, quale vera esperienza di vita. Entrambi i volumi sono tra i più venduti, ma nel nostro percorso è solo un dettaglio.

Ed eccoci giunti di fronte a lei. La Saga di Benedetta Potter Parodi. È lei, dalla sua cucina (non smette mai di ricordarcelo, abbiamo capito, è tua) la supermoglie e supermamma per eccellenza, superimpegnata ma attenta alla gioia di cucinare un pasto appetitoso sano e veloce (e chi più ne ha più ne metta) per la sua numerosissima, bellissima, elegantissima, fantasticissima (?) famiglia. Sfilano allora di fronte ai nostri occhi,  “I menu di Benedetta” “Cotto e mangiato” (anche in edizione pret a porter con “Gli appunti di cotto e mangiato”!) e “Benvenuti nella mia cucina” (ah, ci dimenticavamo, è la sua cucina!). Dagli 8 ai 25 euro (obolo necessario da donare per entrare nella “sua” cucina..). Un viaggio indimenticato nell’enogastronomia del nostro Belpaese è poi senza esitazioni, quello compiuto dalla regina (ora appannata, potremmo dire…) della cucina in tv, Antonella Clerici assieme al re indiscusso del plastico, Bruno Vespa, che abbiamo così riscoperto grande esperto di vini. “Vino & Cucina” è il loro ormai famoso volume. Già eletti coppia dell’anno. D’altro canto, la giunonica Antonellina ne ha di successi culinari alle spalle, se pensiamo alle numerose edizioni de “Le ricette di casa Clerici”, che hanno preceduto la più acerba Benedetta.. Un po’ come Il signore degli Anelli ha preceduto Harry Potter….eppure tutti conosciamo entrambe le saghe. Sono quelle epopee indimenticabili che non smetti mai di rileggere e che ti cambiano la vita per sempre. In un modo o nell’altro. Piatti gustosi e ricette appetitose, dunque, sgorgano da ognuno di questi volumi. Vi state abituando all’idea? Beh, fate molta attenzione, perché come in ogni viaggio al limite, anche in questo nostro percorso c’è il nemico da abbattere, l’incubo da cui svegliarsi, il drago da sconfiggere. Dietro l’angolo …gli scaffali tremano, e non perdonano. Vi aspetta “Il cibo ti rende giovane e bella” (titolo innocente dietro il quale si nasconde la sempre odiata dieta, travestita da sana alimentazione), oppure il più esplicito e indubbiamente minaccioso “Posso farti dimagrire” (intimidazione velata o promessa provocatoria?) o ancora, “Dimagrisci subito (in grassetto maiuscolo per non confondersi sull’obiettivo da raggiungere a denti stretti e mascelle serrate) ..mangiando!”. Non è finita: davanti a noi appare “Mangia che dimagrisci” di Filippo Ongaro, per ritrovare il giusto peso, riacquistare salute e fare “un’assicurazione sulla propria vita”. E poi l’immancabile Rosanna Lambertucci che ha sfornato per noi “Dimagrire con i perché” (molti si chiederanno piuttosto “perché dimagrire?”). E infine la temutissima dieta Dukan: (che si conferma ancora il libro più venduto: frutto di un sano masochismo o della bella stagione???). Oltre 200 pagine di consigli da colui che, dicono, ha fatto dimagrire oltre 20 milioni di persone senza porre loro limiti quantitativi o calorici. “Alimenti che vi fanno dimenticare… di essere a dieta”, recita la copertina. Sarebbe più facile dimenticare di andare in giro a testa in giù completamente nuda con i capelli verdi a pois rosa ma se lo dice lui…! Dietomania? Tutt’altro: volumi da tenere in casa. Di quelli per non sentirsi troppo in colpa, che guardi assiduamente ripetendoti: che male c’è ad averli lì?…prima o poi li aprirò. Una sola avvertenza. Non dimenticarsi mai di posizionarli accanto a un cult che abbiamo scovato in libreria… “Fritti e fritture”: un grande classico del genere! Il viaggio è ormai al termine, sono spossata ma felice di fronte alla signorina alla cassa, con il mio carrello di libri da portare a casa. Mentre penso ai fornelli e guardo la mia spesa mi viene in mente la citazione di uno spassoso film di cui non ricordo il nome con la bellissima (e magrissima) Gwyneth Paltrow (fidanzata di lungo corso del nostro beneamato Brad Pitt). Ebbene: Di fronte a un frullato ipercalorico il protagonista maschile la incoraggia: “Avanti, se non ti impegni non ti verrà mai una cellulite di qualità! ”
Linda Giannattasio

 

 

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Eataly

MadamaRicetta, come preannunciato, giovedì è stata all’inaugurazione di Eataly, il parco divertimenti del gusto tutto rigorosamente “made in Italy”.
Vi segnaliamo le impressioni della nostra corrispondente che è venuta da Palermo, Cecilia (leggi la recensione) e vi proponiamo un piccolo fotoracconto.
All’ingresso vi accoglie un cartello con su scritto: “qui potete fare tutte le foto che volete”.
Un invito a catturare tutta le bellezza dei prodotti italiani, Patron Farinetti infatti “Dedica questo spazio al mondo della bellezza del cibo e dell’arte”
Buona visita! Ivana

Al piano terra un mercato ortofrutticolo, tutto bio, e il ristorante vegetariano. La pasticceria italiana, la tisaneria e la caffetteria.

La panetteria e tutto per la cucina: attrezzi di ogni genere, piccoli elettrodomestici e la fitocosmesi.

 

Tutta la letteratura del cibo, dai grandi chef, ali libri tematici su pizza, pasta, carni, cereali, verdure etc. Tutte le guide sui ristoranti italiani, le enoteche e i presidi di slowfood.

Al primo piano la salumeria e la formaggeria, dove si possono acquistare i migliori formaggi italiani e i nostri pregiati salumi che si possono anche consumare sul momento nelle innumerevoli postazioni dislocate davanti a ogni banco di vendita.
Sempre al primo piano troviamo la friggitoria, con fritture delicate e dorate al punto giusto, un ristorante dedicato alla pasta e alla pizza, anche con i tavoli in terrazza. E poi le migliori paste d’Italia, dalla Gragnano alle innumerevoli paste fresche, gli oli e le salse.

Un posto di primo piano lo conquista la birra con centinaia di etichette ed uno splendido pub.

Il secondo piano accoglie tutti i pesci del Mediterraneo.
Dalle sarde alla bottarga, tutti rigorosamente di mare.

La bottega delle carni. Ovini, suini, pollame, manzo e vitello.

L’enoteca immensa con migliaia di etichette dei nostri pregiati rossi, bianchi e rosè.

Infine all’ultimo piano le aule per la didattica e per i corsi di cucina. Il ristorante Italia con vista su Roma, per i palati più raffinati.

Chiude la sala congressi, che ospiterà eventi e mostre, a cominciare dai più grandi pittori italiani: Modigliani, Caravaggio, Raffaello, sino ai concerti con i musicisti del Teatro dell’Opera.

E tanto altro ancora: Eataly vi aspetta!

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Cambio di destinazione d’uso.

Pulita, essenziale e soprattutto non invasiva è stata la ristrutturazione attraverso la quale è stato recuperato l’ex terminal della stazione Ostiense di Roma, costruito per i Mondiali 90 e mai più utilizzato. Da lì, il 21 giugno è partito un ideale treno del gusto, tanti vagoni carichi di tutte le eccellenze dell’agroalimentare. I passeggeri sono gli amanti della buona tavola, cultori del gusto, seguaci del bio, ma anche neofiti del settore, che attraverso appositi laboratori potranno iniziare da Eataly un viaggio intorno al cibo e alla sua bellezza. Si perché è proprio di bellezza che Oscar Farinetti parla e ispirandosi a Dostoevskij, ha detto:  “la bellezza salverà l’Italia”. Questo è un augurio che accettiamo e a cui vogliamo unirci, anche perché le premesse sono buone e la filosofia del bello è onnipresente:  dalla location, alla provenienza dei prodotti, dalla valorizzazione dell’artigianato, alla divulgazione della cultura del cibo, e poi c’è il richiamo all’arte. Nella sala ristorante sono esposte tre opere di Modigliani, poi tanta musica italiana di ogni genere ininterrottamente trasmessa, spazi espositivi e didattici etc. Insomma 17 mila metri quadrati di bontà su quattro piani di prelibatezza, il tutto concepito in un ambiente sereno, non formale, tanta gentilezza da parte degli operatori. Una bella storia italiana che “parte” con il piede giusto e noi tutti di Madama Ricetta auguriamo ad Eataly di fare molta strada e di arrivare molto lontano. 
Cecilia Puleo

 

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Apre Eataly Roma: un trionfo di bontà e di bellezza

La battuta migliore sull’apertura nuovo Eataly Roma è di Carlo Petrini, originario di Cuneo e padre di Slow Food: cade proprio nel giorno – ha osservato sornione – in cui chiude il Billionaire di Briatore, e come il Billionaire è opera di un cuneese, Oscar Farinetti… “mi chiedo quale sia la notizia migliore…”
Per noi romani non c’è dubbio: l’inaugurazione del 19.mo Eataly del mondo, il quarto d’Italia dopo Torino, Genova e Bologna – è una notizia grandiosa, in tutti i sensi. Prima di tutto nel senso delle dimensioni. Ospitata nell’Air Terminal della Stazione Ostiense –  affascinante edificio postmoderno costruito dall’architetto spagnolo Julio Lafuente per i Mondiali del ’90 e rimasto quasi in disuso per anni – la nuova creatura di Farinetti si snoderà su quattro piani e  17 mila metri quadrati. E accoglierà circa seimila buongustai ogni giorno, affidandoli alle cure di oltre 500 giovani dipendenti, tutti i giorni dalle 10 a mezzanotte.
Grandiosa poi l’offerta: più di 20 ristoranti tipici regionali o tematici – dall’Osteria Romana all’angolo dei fritti – punti vendita d’ogni sorta e 40 aree “didattico emozionali”, pensate per raccontare, mostrare e insegnare la cultura del buon cibo. I visitatori potranno assistere in diretta alla produzione di mozzarelle di bufala, alla lavorazione del pane, alla creazione del cioccolato. Tutto, naturalmente, con ingredienti nostrani di prima qualità. Il progetto nasce, infatti, dalla convinzione che soprattutto in un momento di crisi come quello attuale, l’economia italiana debba valorizzare al massimo le sue risorse migliori e molte di esse sono legate al settore alimentare. I consumatori verranno così invitati ad apprezzare non solo il buon gusto, ma anche il rispetto dell’ambiente e della salute nei processi di coltivazione e, allo stesso tempo, il valore dell’impresa agricola. Nella conferenza stampa di inaugurazione il ministro Catania ha ricordato con rammarico, che sul prezzo finale del prodotto, l’agricoltore guadagna appena il 15 per cento.
Con queste premesse non poteva mancare ad Eataly Roma la benedizione di alcuni guru della buona cucina a 360 gradi. Oltre al fondatore di Slow Food Carlo Petrini, erano presenti al taglio del nastro chef del calibro di Antonello Colonna, Anna Dente, Cristina Bowerman, i fratelli Cacciani e Filippo La Mantia, del cui ristorante questa settimana vi proponiamo la recensione.
Presente, inoltre, don Ciotti (i prodotti di Libera saranno in vendita a Eataly Roma) che ha denunciato la violenza con cui la mafia ha rialzato la testa in tante zone d’Italia, prendendo di mira proprio le imprese agricole “sane” e mandando in fumo ettari ed ettari di terreni coltivati in Sicilia, in Calabria, nel Lazio, in Puglia.  E presenti anche diversi esponenti del mondo dello spettacolo e della cultura – nel nuovo tempio del gusto oltre a un centro congressi è stata allestita anche una libreria – a conferma della filosofia di fondo del progetto: coniugare  buon gusto, bellezza e piacere dell’incontro. Oscar Farinetti la ritiene una formula vincente e, con un pizzico di sana presunzione, ha profetizzato per Eataly Roma un futuro scintillante: “Siamo certi di battere Harrods e i posti più cool al mondo. E contiamo che i turisti dopo aver apprezzato il Vaticano e il Colosseo, verranno qui per concludere in bellezza”.  Madama Ricetta, nel suo piccolo, porterà a Eataly un personale in bocca al lupo domani all’inaugurazione: a presto per i resoconti.
Silvia Gusmano
www.roma.eataly.it

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Filippo La Mantia

“recensioni”

 

Era da tempo che sognavo di gustare i piatti di Filippo La Mantia e devo dire che le mie attese non sono state deluse.
Una location fantastica, nell’hotel Majestic nella bellissima Via Veneto, a pochi passi dal cuore della ormai fu “dolce vita romana”. Ho cenato nella terrazza, ambiente elegante e raffinato, che con i suoi bellissimi arredi regala un’atmosfera da film. Ambiente caldo e confortevole, staff di sala professionale e informale: tutto ti fa sentire a tuo agio. Splendida la sala d’accoglienza: una galleria di  pezzi d’antiquariato e pregiati libri su arte e cultura siciliana, arricchita da una modernissima cucina a vista.
Nel menu semplice e sfizioso, antico e moderno allo stesso tempo, creatività ed innovazione si sposano con la cucina siciliana più tradizionale. Sapori del passato esaltati dalla freschezza degli agrumi e dai deliziosi accostamenti, come nella parmigiana di sgombro.  L’esaltazione nei piatti è data dal profumo dei singoli ingredienti, che si affermano nel palato e aprono al gusto con tutta la loro semplicità. Il pesce spada al salmoriglio siciliano, morbidissimo con un intenso profumo di origano che  sprofonda e si abbandona al sapore del pomodoro fresco. Il classico cous cous, dove le vongole portano il mare incontro alla terra con un pesto leggero di profumato basilico che regala al piatto un’intensa aromaticità.
Sui dolci potrebbe fare di più!
Ottimo il rapporto qualità/prezzo. Insomma che dire: meraviglioso è poco! It’s fantastic!
Ivana

http://www.filippolamantia.com/

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Artusi premia la Cucina del buon gusto, omaggio al lato più umano della tavola

Cucinare è arte, lussuria e amore. Cucinare è compromesso e divertimento, fantasia e ritualità. “Cucinare ci rende più umani”. Parola (ed esperienza) di Simonetta Agnello Hornby e Maria Rosario Lazzati, che nella Cucina del Buon Gusto Feltrinelli, febbraio 2012) attraverso ricette, racconti  e consigli pratici raccomandano un modo d’essere.  Avvocato minorile e famosa scrittrice di origini siciliane la prima, milanese e insegnante di cucina la seconda, entrambe le autrici si sono trasferite anni fa in Inghilterra e hanno scoperto nel cibo un potente veicolo culturale ed un efficace antidoto contro la nostalgia. Stella polare dell’opera,  il “maestro” Jean-Anthelme Brillant Savarin, personaggio pubblico della Francia a cavallo tra XVIII e XIX secolo, autore della Fisiologia del gusto. Meditazioni di gastronomia trascendente: un’illuminante raccolta di aforismi sulla tavola e i suoi piaceri. Hornby e Lazzati si muovono sulle sue orme, nel tentativo (riuscitissimo) di raccontare la forte continuità tra buon gusto in cucina e nella vita. Ciò è valso al libro il Premio Marietta ad honorem, riconoscimento della Festa Artusiana (Forlimpopoli 16-24 giugno) che verrà consegnato alla scrittrice siciliana domenica prossima.
La Cucina del buon gusto, più saggio filosofico che manuale di ricette, si apre con una domanda: che senso ha oggi continuare ad affaticarsi ai fornelli, dal momento che quasi tutte le tasche, possono permettersi ottimi piatti pronti? Poetica la risposta: “Cucinare è il legame benefico con la natura attraverso la scelta e la preparazione degli ingredienti”. È il legame con la Storia, quella familiare delle tradizioni gastronomiche tramandate per generazioni e quella dell’Uomo, unico tra gli esseri viventi che possiede “l’antica abilità di trasformare gli ingredienti in cibo”. Tra i capitoli più belli, quello conclusivo, in cui Lazzati racconta  la celebrazione della memoria di zia Maria, a  cent’anni dalla sua nascita e a trenta dalla sua morte, un grande pranzo di famiglia in cui tutti coloro che si sono nutriti alla tavola dell’amata antenata, hanno preparato e condiviso i suoi piatti preferiti.
Mangiare è quindi è un rito gioioso che moltiplica il suo piacere in compagnia e rafforza relazioni e affetti, ma che, al contempo, va rispettato anche in solitudine. Commoventi le pagine in cui Hornby racconta come ha imparato a trasformare l’angoscia che accompagnava i suoi pasti, una volta rimasta sola dall’oggi al domani, in autentico piacere per un tempo “proprio”, fatto di coccole e lussi : “Quando siamo in tanti compro cibo buono, ma economico. Da sola invece posso viziarmi e mi invento piccoli progetti culinari”. Questa è una delle tante regole che puntellano l’opera: non riservare piatti, posate o cibi migliori per gli altri, ma goderne noi per primi. E ancora: non esagerare mai nel mangiare o nell’offrire (il piacere del gusto si accompagna sempre alla moderazione) e non invitare mai chi non amiamo. Divertenti le osservazioni sul vertiginoso aumento di allergie e intolleranze, spesso sbandierate o imposte con poca eleganza e tanto fastidio per cuochi e commensali e provocatoria la rivendicazione del diritto/dovere di nutrirsi senza remore con quanto la natura, con un atto d’amore, mette a nostra disposizione: piante e animali.  Emblematico infine dell’intera opera l’elogio della minestra, a firma Lazzati. La minestra è un “moltiplicatore di esistenze” laddove raccoglie tutti intorno a una zuppiera fumante, li avvolge con il proprio profumo, all’occorrenza può essere allungata, variata all’infinito, riproposta con successo anche il giorno successivo, quando è addirittura migliore.  
www.festartusiana.it
Silvia Gusmano

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