ivana santomo

Occhio all’etichetta!

Siamo a meno di un mese dalla sfida tra Barack Obama e Mitt Romney. Elezioni importanti che, loro malgrado, rischiano di oscurare il contemporaneo referendum Californiano: la Proposition 37. Una legge, che in caso di approvazione, obbligherà a dichiarare in etichetta l’eventuale presenza di ogm nei prodotti alimentari. Se i sondaggi non sono così favorevoli ad Obama, sembrano esserlo alla Proposition 37: il 65% dei californiani, infatti, si dichiara favorevole all’etichettatura. Un terremoto economico per le grandi multinazionali come Monsanto, Nestlè, CocaCola, fermamente contrarie, che sentono profumo di perdite enormi per le loro aziende. Non è un divieto alla produzione ma solo un obbligo d’informazione, e non è cosa da niente.

L’etichetta, ormai, è il mezzo più diretto che il consumatore ha a disposizione per conoscere la qualità del prodotto. Sicuramente i cittadini a stelle e strisce, se informati, preferirebbero non consumare alimenti geneticamente modificati, questo è certo. E neanche noi. Voi direte che c’entriamo noi? In Italia la produzione di ogm per ora è vietata, ma l’import non ha restrizioni. Così i 2/3 delle farine che importiamo per la nostra pasta, il 50% del latte estero usato per fare i formaggi, le passate di pomodoro ecc…, possono contenere ogm “a nostra insaputa” come direbbe qualche politico nostrano.

E allora, oltre a fare il tifo per Obama, che si  è ripetutamente speso per convincere Angela Merkel ad ammorbidire la linea del rigore imposta dal governo tedesco ai colleghi europei,  tutti a fare il tifo per il buon esisto della consultazione californiana. Essa infatti comproterebbe un duplice vantaggio: per i consumatori americani e forse un incremento dell’export dei prodotti made in Italy  senza ogm.
Ivana Santomo
leggi anche l’articolo di Carlo Petrini presidente di slowfood

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Un Pic Nic di Lusso

E’ stato “Un Pic Nic di Lusso” in tutti i sensi. MadamaRicetta non poteva mancare e le sue impressioni stavolta non sono del tutto positive. Grandi cuochi è vero, ma anche grandi prezzi. La prima perplessità all’accoglienza: ingresso 16 euro, una cifra eccessiva per degli assaggi tutti a pagamento. Una volta entrati, se si vuol mangiare, è necessario acquistare una card ricaricabile con multipli di 5 euro (quindi se ne spendi 16 se costretto a buttarne 4).
Taste of Roma, manifestazione enogastronomica, nata a Londra, ed esportata in altre città del mondo, nella sua versione romana, presso i Giardini Pensili dell’Auditorium Parco della Musica, ha lasciato qualche dubbio sull’allestimento, e non solo. Progettata più per gli organizzatori che per i visitatori, è stata soprattutto un via vai di domande, consigli, curiosità, dialoghi fitti e scambi di bigliettini tra chef, esperti e blogger.

Gli stand annunciati sulla promozione delle eccellenze laziali si potevano contare sulle dita di una mano. Le pochissime zone (due) dove si poteva partecipare ai corsi di cucina, erano precedute da un lungo spot di Elettrolux (piastre ed elettrodomestici per la cucina, peraltro presente in ogni stand con la pubblicità dei suoi prodotti). Insomma gran parte del corso di cucina era assorbito da pubblicità live. Se si voleva partecipare ad uno dei corsi -più semplicemente alla preparazione di un piatto- era necessario arrivare entro le 19.30. Tre corsi per l’intera serata, moltiplicati per sole due postazioni che contenevano al massimo 15/20 persone.

Di contro i piatti non hanno deluso le aspettative di chi voleva fare un viaggio sensoriale attraverso creatività e fantasia della nouvelle couisine. Dalle rivisitazioni delle ricette classiche ai connubi azzardati e non sempre vincenti. Degustazioni e assaggi hanno rinfrancato i visitatori che per una sera si sono accostati alle ultime novità dell’arte culinaria. Salmone servito su un letto di gustosa salsa d’anguria, spiedino di gambero in pasta fillo con spuma di mortadella, tortellini di ricotta e spinaci con guancia al cesanese e clorofilla di rucola, capesante impanate e ripiene di mozzarella di bufala, foglie di sedano e tartufo nero,  insomma alta cucina.

Ma la fila più lunga indovinate dov’era? Davanti all’unico stand che faceva la carbonara…
Ivana Santomo

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In caciaia

Buona cucina a Livorno. Ecco il ristorante che fa per voi: “in caciaia” di Rosario Costanzi.
Nello storico quartiere di Antignano, a due passi dagli scogli di Livorno, nella suggestiva piazzetta Castello trovate tavoli all’aperto posti davanti ad una grande lavagna, dove con gessetto bianco, sono elencati i piatti del giorno. Rosario vi accoglie con cortesia descrivendo qualche piatto e i pesci che è riuscito ad acquistare, in giornata, dai pescatori di Antignano e dalle pescherie del porto vecchio. La cucina e’ ottima, tipica della costa tirrenica e della tradizione livornese in particolare (pesce di scoglio e frutti di mare, cacciucco). Ma anche nelle pietanze ispirate ad altre regioni, lo chef non manca di stupire, come gli spaghetti alle acciughe e finocchietto selvatico. Ottimi anche i piatti con nuove contaminazioni come le cozze ripiene o gli gnocchi con cernia e zucchine. Per finire, delizioso il dolce di ricotta briaca al rum. Nonostante sia sempre pienissimo, il servizio è buono e veloce, i piatti variano tra i 10€ e 12€, se passate da Livorno fate una puntatina, ma non dimenticate di prenotare: come dice il suo nome il ristorante “in caciaia” è sempre un po’ affollato.
Ivana Santomo
TRATTORIA IN CACIAIA | V. BAGNI 38 – LIVORNO (LI) tel 0586 580403

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Plachutta

 
Non si può passare da Vienna e non andare da Plachutta, ormai  fa parte della città come il Stephansdom, il fascino antico della ruota panoramica del Prater o il bacio di Klimt. Io invece non lo conoscevo e ci ho sbattuto il naso. Ebbene sì! Avevamo detto niente guide, niente TripAdivisor, passeggiamo per la città e godiamoci il centro senza ossessionarci con: i posti consigliati, i luoghi da non perdere. Vienna è così bella che non ha bisogno di parole. I segni del perduto impero sono in ogni cosa, con particolare eleganza. Le sinfonie di Mozart, Schubert e Beethoven ti accompagnano attraverso strade e palazzi che conservano la magia delle epoche d’oro. Al contempo è una città giovane e briosa, dove tradizione e innovazione si mescolano. I locali pieni di viennesi che si godono il tempo libero, chiacchierando davanti ad un caffè ed una fetta delle deliziose torte viennesi.
Insomma, immersi in questa atmosfera e persi per le vie del centro, cercavamo un ristorantino. Arrivati davanti a Plachutta, ci ha incuriosito quell’andirivieni veloce dei camerieri, le bellissime pendole di rame fumanti, poggiate sui tavoli dei commensali e la loro espressione estasiata quando portavano il cibo in bocca. Giriamo l’angolo e davanti alla porta troviamo un gruppetto di persone in fila. La prenotazione era d’obbligo. Fissiamo per le 21, e torniamo a bighellonare per la città.
Due ore più tardi siamo pronti per la nostra esperienza culinaria. Entrando, dalle fotografie alle pareti, scopriamo che molti ospiti internazionali, tra cui numerose personalità della cultura, dell’economia, della politica e dello spettacolo, avevano visitato il ristorante. Ordiniamo il Tafelspitz, tipico piatto viennese, un bollito di manzo servito con salsine e patate, dei crostini di pane nero sui quali spalmare il midollo, ancora fumante, cotto nel brodo. Ci concentriamo sulla cena, quel pezzo di bollito tenero, succoso, saporito, non consente distrazioni. Alla fine gustando una fetta di sacher torte scopriamo che lo chef Plachutta, ormai di fama internazionale, è considerato il miglior ambasciatore della cucina unica viennese ed è autore del libro di cucina austriaca di maggior successo.
Gault Millau lo ha nominato chef dell’anno 1991 e solo un anno più tardi, nel 1992, gli ha assegnato tre cappelli. Nello stesso anno ha ricevuto la lettera “A” del “Gourmet Trophee” austriaco. Nel 1993, Ewald Plachutta si è guadagnato anche una stella Michelin.
Per una recensione, che dire: ottima qualità dei cibi, sia per le materie prime che per la cottura, grande cortesia e competenza del personale, prezzi tutt’altro che proibitivi, 30/35 €. Prenotazione obbligatoria.
Ivana Santomo
Plachutta Wollzeile
Wollzeile 38 – 1010 Wien
Tel.: 01/512 15 77

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Un PIC-NIC di lusso

Taste of Roma sbarca nella capitale. Dopo tre edizioni di grande successo a Milano, il festival enogastronomico che ha conquistato il mondo, dal 20 al 23 settembre arriverà sui giardini pensili dell’Auditorium Parco della Musica per deliziare gli ospiti con assaggi di alta cucina e vini prelibati. Per quattro giorni, il celebre Restaurant Festival, in versione romana, organizzerà corsi di arte culinaria e presenterà in oltre sessanta stand, produttori e aziende selezionati, con i loro migliori prodotti. I più acclamati chef dei ristoranti romani, animati dal desiderio di offrire una gastronomia d’eccellenza alla portata di tutti, usciranno inoltre dalle proprie cucine, stellate e non, per incontrare i fan, svelare segreti e ricette e, perché no, divertirsi esibendosi ai fornelli a cielo aperto! Si andrà dalla tradizionale cucina italiana, a quella tipica romana e regionale, con sconfinamenti nella cucina creativa e sperimentale. Il biglietto d’ingresso costerà 16 euro e comprenderà, oltre alle degustazioni di cibo e di vino, la partecipazione ai corsi di cucina e, soprattutto, nell’orario di pranzo e di cena,  la scelta di “una delle tre specialità che proporrà ogni ristorante, studiate in formato antipasto-assaggio” (taste appunto): i piatti maggiormente rappresentativi della filosofia culinaria di ciascun chef e delle tradizioni locali, con una spesa che andrà dai 4 ai 6 euro.
Questi i ristoranti selezionati: Acquolina Hostaria in Roma (chef: Giulio Terrinoni); Agata e Romeo (Agata Parisella); All’Oro (Riccardo Di Giacinto); Giuda Ballerino (Andrea Fusco); Glass Hostaria (Cristina Bowerman); Il Convivio Troiani (Angelo Troiani); Il Pagliaccio (Anthony Genovese); Imago – Hassler Hotel (Francesco Apreda); L’Arcangelo (Arcangelo Dandini); Magnolia – Jumeirah Grand Hotel (Kotaro Noda); Pipero al Rex (Luciano Monosilio). Undici nomi noti, cui si affiancherà uno a sorpresa.
Roma già palcoscenico internazionale per cinema, musica e cultura, diventerà così anche capitale del gusto e del buon convivio e come ha ricordato l’amministratore delegato della Fondazione Musica per Roma, Carlo Fuortes, “l’augurio è che l’Auditorium, anche nei suoi bellissimi spazi all’aperto, si configuri sempre più come la Casa del Bello, in tutti i sensi e per tutti i sensi”.
Ivana Santomo

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“Mediterraneo”, ristoranti in periferia

“recensioni”

Se un giorno scopriste di avere una gran voglia di mangiare dei buoni piatti a base di pesce non dovete necessariamente salire in macchina ed affrontare le estenuanti code verso il mare. A contraddire chi pensa che in periferia non ci siano buoni ristoranti ci prova “Mediterraneo” che, lo scorso 12 luglio, ha aperto i battenti a Morena, estrema periferia di Roma sud. Ambiente dal design elegante, molto curato, ma al contempo rilassante e confortevole. Il pavimento e le pareti: un mosaico di mattonelle di stile siciliano, tutte diverse e coloratissime, creano un’atmosfera accogliente e calda. Gestito da due fratelli Fabio e Pier Luigi, che hanno già maturato una lunga esperienza nel settore, il “Mediterraneo” ha una cucina che mette al primo posto la qualità del prodotto.
Soci del presidio Slowfood rispettano rigorosamente il piacere alimentare basato su prodotti in prevalenza a chilometro zero, in armonia con gli ecosistemi locali. Pier Luigi vi accoglie con estrema cordialità e discrezione mentre Fabio prepara per voi deliziosi manicaretti, come la splendida insalata di polpo, i maltagliati con vongole e bottarga, fritture croccanti, fresche e leggere. Dimenticavo, fa anche un’ottima pizzeria dai condimenti variegati e originali.
Se volete provare lo trovate in via del Fontanile Anagnino, 121, Morena-Roma.
Tel 06 97610983 cell 366 2632697. Primi 9/15 euro, secondi 14/25 euro.
E bon appetit!
Ivana

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Ma cos’è questa crisi…

La crisi continua a imperversare e gli italiani? Sempre lì a lamentarsi. E allora cerchiamo, di trovare qualche piccolo accorgimento per risparmiare e qualche stimolo per ricominciare a sperare. Rodolfo De Angelis la cantò, così, già negli anni 30: “Ma cos’è questa crisi? pappa rapà papà!”. Un brano portato al successo anche dal grandissimo Gaber, con molta ironia, ma sopratutto con molte verità, come solo lui sapeva fare. Certo dal 1930, a giudicare dal testo, sembra non sia cambiato nulla, ma la storia ci insegna che ogni crisi porta con se, anche etimologicamente, l’idea del cambiamento e non necessariamente in peggio. Ricordate il grandissimo Einstein: “Non pretendiamo che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi può essere una grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi…” (leggi la citazione)
E quale può essere il nostro progresso in cucina in tempi di crisi?
In tempi di “magra”, ognuno cerca di arrangiarsi come può e risparmiare è diventata ormai una necessità.
Allora lista in borsetta, carrello alla mano, vediamo come dimezzare lo scontrino!
Vi avevo già parlato dell’importanza della lista della spesa che, se compilata a casa con tranquillità, ci permette di non dimenticare nulla e di non cadere in tentazione, acquistando tutti quei prodotti pubblicizzati (costosi e spesso inutili) che non ci servono.
Le regole del risparmio sono semplici e chiare (leggi anche l’articolo “dove compro se compro“). Non andate sempre ed esclusivamente nei supermercati delle grandi catene alimentari, cominciate a frequentare qualche discount dove i prezzi sono molto convenienti, anche lì trovate prodotti di buona qualità, basta provarli per capire quali sono. Non pensate che rinunciare alle grandi marche voglia dire rinunciare alla qualità, esistono molte aziende alimentari che producono buoni prodotti, senza però pubblicizzarli. Controllate, invece, sempre i volantini pubblicitari che il postino vi lascia, potrete così scoprire le offerte del momento, optando per le confezioni-famiglia, magari trovate quello che vi serve ad un prezzo nettamente inferiore. Per frutta e verdura andate al mercato, grande è la differenza nel prezzo e la qualità è nettamente superiore, soprattutto in termini di freschezza.
Rispettate la stagionalità dei prodotti: quelli “fuori stagione” sono costosi, spesso importati e a volte senza sapore.
Non compriamo troppi prodotti surgelati o già pronti, sono più costosi! Come avete visto dai nostri menù, si possono preparare molti piatti in modo veloce.
Risparmiare e magiare più sano:
più frutta e verdura, tutta rigorosamente di stagione;
optiamo per i pesci azzurri (alici, aringhe, sgombri, sardine), poveri di prezzo e ricchi di omega 3;
scegliamo carni meno nobili, le carni bianche costano meno e sono più magre, e tra le carni rosse, optiamo per i tagli meno costosi, forse un po’ più laboriosi (come polpette o polpettoni) ma sicuramente gustosi;
ricordiamo che esistono i legumi (ricchi di proteine, fosforo, potassio, ferro, vitamine del gruppo B e fibre),  basso costo e alto contenuto di proteine, molto versatili dalla pasta alle vellutate e in estate con le insalate;
recuperiamo gli avanzi più possibile, dai gambi dei carciofi, alle foglie esterne dei finocchi, entrambi lessati e passati fanno delle ottime vellutate; la classica frittata romana di pasta avanzata; il pane secco per polpettoni, panzanelle e zuppe.
Insomma in un’unica parola Fantasia, Fantasia, Fantasia!
Ivana

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Nora Ephron

Scomparsa lo scorso 27 giugno, rimarrà tra noi attraverso l’arte il cinema il cibo, la bellezza e la soavità di tutte le sue creazioni. Nora Ephron, scrittrice, sceneggiatrice, regista, chef e, in principio e soprattutto, donna. La freschezza, l’ironia e la sensualità, sono il tratto distintivo di tutti i suoi film, a cominciare da ”Harry ti presento Sally” (per il quale ottenne una nomination all’Oscar), ”Silkwood” e ”Heartburn”. Altrettante fortunate le pellicole, ”Insonnia d’amore”, ”C’e’ posta per te” e ”Vita da strega”, che ha firmato da regista. E ancora: “Affari di cuore” (libro e film) e ”Julie e Jiulia” che valse a Meryl Streep una nomination agli Oscar nel 2009, come miglior attrice.
Per questo, e molto altro, non riesco a parlarne al passato!
Io adoro la Nora chef, scrittrice e sceneggiatrice dell’universo mondo del cibo. Nessuno come lei riesce a trasformare il cibo in star di una storia. Il Cibo che solitamente entra in scena come accessorio marginale, con lei diventa protagonista: come metafora di un pensiero, come peculiarità di un personaggio, come pilastro di una gag, come una pennellata su una tela.
Tutta la sua produzione cinematografica e letteraria è da rivedere e rileggere.
Nora conquista le luci della ribalta nel 1989 con la sceneggiatura di “Harry ti presento Sally”, diretto da Rob Reiner, dove una indimenticabile  Meg Ryan, mangiando un sandwich, finge un orgasmo davanti all’incredulo Harry. Episodio indimenticabile, quando Sally ordina le sue pietanze: “un Sandwich… e poi la torta la voglio riscaldata e non ci voglio il gelato sopra: lo voglio a lato… E che sia di fragola, non di crema se possibile, sennò niente gelato, solo panna. Ma panna vera! Se è in lattina allora niente!…” E come si conclude? Alla fine del finto orgasmo il cameriere chiede a un’anziana signora “cosa prende?” Scontata la risposta: “Quello che ha preso la signorina!”. Tutto appare concentrato sul cibo, piatti che si fanno protagonisti e, nel contempo, complementari al vero tema: l’autenticità e la finzione nel rapporto  uomo-donna spiegato, in questa scena, con migliori risultati dei più grandi trattati di psicologia.
Nel 2009  ‘Julie & Julia‘ con Maryl Streep e  Amy Adams.
New York 2002, una giovane aspirante scrittrice delusa per i sogni infranti e uno spiacevole ruolo da impiegata in un call center, per uscire dalla grigia monotonia della routine quotidiana, decide di aprire un blog, con l’obiettivo di sperimentare in un anno tutte le ricette proposte nel noto libro di cucina ‘Mastering the Art of French Cooking’ scritto da Julia Child, condividento successi e difficoltà con i suoi lettori. Il film segue così parallelamente le vicende di Julie Powell e quelle di Julia Child (interpretata da Maryl Streep), che negli anni Cinquanta s’innamora della cucina francese al punto da riuscire a pubblicare il celebre libro divenuto cult per le donne americane. Il film che ha fatto esplodere il fenomeno dei blog di cucina, cibo e dintorni, ruota intorno all’importanza dei singoli ingredienti, del piacere di combinarli ed esaltarli: gusto e condivisione, appagamento e realizzazione.
Amante appassionata della cucina, tre matrinoni – tra cui quello disastroso con Carl Bernstein (il giornalista del Watergate) –  e due figli, Nora non è mai relegata a “angelo del focolare”. Le sferzanti osservazioni che in tutte le sue opere riserva al genere maschile e ai suoi evidenti limiti, ne hanno fatto una paladina dei diritti delle donne, ai fornelli e sotto le lenzuola, in casa e sul lavoro. Memorabile il passaggio del romanzo “Affari di Cuore” -un romanzo di umorismo tutto al femminile- in cui descrive fino a che punto può spingersi la subdola furbizia dell’uomo viziato:  “Sapete cos’è un principe ebreo, vero? Se non lo sapete, vi insegno un modo semplicissimo per riconoscerlo. Basta una sola domanda. “Dov’è il burro?” Bene, sappiamo tutti dove si trova il burro, non è vero? Il burro è nel frigorifero, nell’apposito scomparto, all’interno della porta, su cui c’è scritto “burro”. Il principe ebreo, quando chiede dov’è il burro, in realtà intende dire: “Portami il burro”, ma siccome è troppo furbo per scoprirsi fino a questo punto, aggira l’ostacolo chiedendo: “Dov’è… ”.
Qualcuno ha già scritto: Nora Ephron, il vero capolavoro è la sua vita. Sono d’accordo!
Ivana

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Madama Ricetta nasce all’ombra del Senato dall'alleanza di tre colleghe ... leggi la storia

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